New Star Wars Gdr

Tre X Due

libera tra Keldor e Astrea

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    Che ironia sarebbe stata per Keldor, se solo avesse saputo che il posto dove era stato fatto entrare era niente meno che la tana di Dima, e che divertimento il sapere di essere prossimo a fottersi la sua donna, sul suo letto. Ma Alex questo non lo sapeva e perciò neppure Keldor. Tutto ciò che il clone poteva vedere, era che quel posto non era la casa della donna, ma gli importava veramente poco, anzi, da un certo punto di vista gli poteva pure fare più comodo: un attico disabitato poteva essere un'ottima tana per trovare un po' di pace ai piani alti.
    Dopo aver rischiato seriamente di spogliare la zeltron all'interno del taxi e farsi slacciare i pantaloni a sua volta, Alex poteva dire a piena voce di aver raggiunto parimenti un livello di autocontrollo e di desiderio tali da continuare a rincorrersi a vicenda, ma senza lasciar prevalere alcuno dei due. Era bene, perchè voleva dire che tutto il lavoro fatto in 3 anni di vita, aveva giovato moltissimo alla psiche del clone, ma stava pure a significare che era molto vicino al suo limite.
    Il percorso in ascensore era stato il più casto della loro breve conoscenza, lui fermo impalato come un soldato a riposo, che guardava entrare e uscire i condomini, loro che non sapevano come interpretare il mulatto infarinato, se non forse come il muratore che doveva venire a sistemare l'appartamente vuoto di sopra, il che aveva senso, dopotutto la zeltron aveva un qualche rapporto col biondino che non si vedeva da anni.
    Tutto era andato perfettamente, la porta s'era chiusa alle loro spalle e Alex aveva dato giusto quell'occhiata in giro, quella che gli diceva che la donna magenta non l'aveva affatto portato a casa propria, e quella che gli aveva fatto venire in mente che avrebbe potuto restare, poi aveva messo da parte tutto il tanto faticosamente conquistato autocontrollo, e aveva riportato gli occhi sulla donna che se ne stava sculettando verso -presumibilmente- la camera da letto.
    CITAZIONE
    Vieni?

    Beh, così? su due piedi? Dammi almeno un margine di anticipo. scherzò con quel suo fare imbarazzante, poi la seguì. Lo fece con calma, lasciando che lei aprisse la via, perchè dopotutto aveva aspettato fino a quel punto, poteva arrivare fino a salire le scale... o forse no?
    Un letto sfatto, un materasso matrimoniale coperto da un lenzuolo per preservarlo e...
    Gli occhi azzurri si tinsero di viola e un suono gutturale, un misto tra un basso ringhio e delle fusa gli rimbombarono in petto non appena il velo bianco toccò terra. Le labbra gli si seccarono di colpo, ma in compenso il sangue che già aveva iniziato a deviare insistentemente in basso, dai tempi del taxi, ritrovò vigore e decisione. "Ci siamo? Tiro su?" sembrava voler dire il capo macchinista, che fino a quel punto aveva avuto una giornata particolarmente pesante, tra continui drill e falsi allarmi.
    Ci siamo. fu la risposta mentale del clone, che senza perdere tempo, iniziò ad avvicinarsi.
    Oh, beh, vedrò di farmela andare bene. rispose alla donna, con voce già roca di eccitazione e la forzata ilarità, del tutto innecessaria.
    Il target era già stato fissato, le armi erano calde, bastava giusto tirarle fuori e Alex era prontissimo ad entrare in azione, ma la voce della zeltron lo bloccò che era appena ad un passo da lei.
    Già dalla prima richiesta, il clone aveva sbattuto due volte le palpebre e aggrottato la fronte, per quanto quella richiesta gli stonava, ma era difficile non stare a sentire la donna, e allo stesso tempo, era difficile concentrarsi su ciò che stava dicendo, mentre lui stava pensando a tutt'altro.
    Il suo primo pensiero, fu quello di prenderla e sbatterla su quel materasso. Non gli piaceva che si dessero ordini e non gli piaceva fare le cose per gli altri. Però... quello non era davvero un ordine. E l'idea di far soffrire la donna, lo eccitava, ma allo stesso tempo era lui che non ne poteva più di aspettare, e poi... Non voleva spogliarsi per lei. Non era così che funzionava la cosa, non poteva essere che lei gli chiedesse di spogliarsi, era lui che lui che doveva dirlo a lei, era lui che doveva decidere cosa fare, quando e come. Quella situazione lo stava mettendo stranamente a disagio e non se lo aspettava.
    Oh, e così vorresti essere affamata?
    Parlare, prendere il controllo, quella era sempre la soluzione migliore.
    Ma a me non piace aspettare. Perciò... inspirò a fondo e si sfilò le scarpe, una dopo l'altra, facendo perno tra tacco e punta, in modo da non abbassarsi e non perdere il contatto visivo con la zeltron.
    ...voglio vedere quanto meno un po' di.... sganciò la cintura e iniziò a sfilarla dai passanti.
    ...apprezzamento. con un colpo secco che suonò come uno schiocchio di frusta nell'aria, sciolse libera la cinghia e la afferrò con la seconda mano, tendendola davanti a sè, prima di lanciarla via, accanto al letto.
    Si gioca solo... cominciò a sfilare la felpa dalle maniche.
    ...se il premio in palio è all'orizzonte, perciò gradirei un po' di esibizionismo da parte tua, tesoro.
    La felpa in terra venne calciata via, poi il clone passò a sbottonarsi lentamente la camicia, partendo dall'alto, il respiro lievemente affannato dal desiderio, ma le dita agili, incapaci di incepparsi, proseguivano senza sosta, un punto alla volta, scoprendo man mano il petto e poi gli addominali scuri dell'uomo, tuttavia, fedele alla sua parola, Alex non aveva la minima intenzione di procedere, se non avesse visto la donna prodigarsi per lui, là dove si stava godendo lo spettacolo, e se la partita fosse stata interrotta, beh, il mulatto avrebbe poggiato il fischietto dell'arbitro e iniziato a dettare le sue regole. Poteva essere accondiscendente solo fino ad un certo punto.
    Liberatosi anche della camicia, prontamente roteata in aria, e lanciata alle fan della seconda fila del matrimoniale, perchè sì, ormai era andata così, non restava poi molto per arrivare al sodo, anche se Astrea ci aveva messo decisamente meno e sempre visto che fondamentalmente Alex era anche un idiota, a quel punto il clone sbottonò i pantaloni e vi infilò una mano all'interno, cercando un momentaneo sollievo, gli occhi socchiusi e un sorrisetto sornione in faccia, ma poi si mise di profilo, allungò la gamba destra avanti come una ballerina alla morte del cigno e con la boccuccia di rosa protratta in avanti per un bacetto, iniziò a scoprire il polpaccio, tirando su il pantanole alla caviglia. Una mano a coprire la bocca e un'espressione fintamente sconvolta furono rivolte alla zeltron, poi lo scherzo finì, e il gioco pure.
    Rompiamo le regole.
    Con passo deciso, il clone arrivò fino al bordo del letto, e vi montò in piedi, incombendo sulla posizione della zeltron, con le gambe aperte una di qua e una di là del suo corpo, quindi con un cenno del capo segnò alla donna il proprio bacino, in un chiaro messaggio: "finisci tu". L'idea era chiaramente quella di lasciarsi abbassare i pantaloni da lei, così come lo era quella di vederla darsi da fare su di lui, ma se lei non avesse fatto nulla, lui avrebbe messo assai poco a liberarsi da solo dell'impaccio e scendere in ginocchio a carponi di lei, e da lì, non c'era più attesa, da lì finalmente avrebbe avuto ciò per cui l'aveva seguita tutta la mattina e non aveva la minima intenzione di fermarsi fino a che non fosse stato pienamente soddisfatto. Per sua fortuna, o sfortuna, aveva una stamina invidiabile.
     
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    Apprezzamento!? Alex voleva vedere dell'apprezzamento!??
    ...Non gli sarebbe nemmeno servito parlare. Nell'istante stesso in cui Astrea si rese conto che il mulatto si stava esibendo per lei, il viso le si illuminò di un sorriso entusiasta. Quando la cintura schioccò nell'aria, la zeltron era già in ginocchio sul materasso, impegnata ad applaudire e ridere: non lo stava prendendo in giro né erano risa causate dall'imbarazzo, era una zeltron pura al cento per cento dopotutto! Solo che era genuinamente lieta di trovarlo disponibile al gioco nonostante il disagio che la sua richiesta gli aveva provocato, di poter alleggerire la tensione nell'aria che le era parsa soffocante dal momento in cui altre sfumature scure erano subentrate all'innocente desiderio sessuale.
    Se la felpa in terra non aveva provocato granché, una volta che la carne olivastra aveva cominciato a liberarsi dell'impiccio della camicia e ad essere visibile un mugolio, in vero molto simile ad un ringhio, aveva cominciato a farsi strada nella gola della ragazza magenta e le pupille a divorare le iridi blu.
    Finalmente... Fu come se un sospiro di sollievo si levasse direttamente dal suo ventre, lì non c'era nessuno ad interromperli, lì lo avrebbe preso e prosciugato e baciato e morso, fino all'osso, fino a sentire i gemiti trasformarsi in suppliche di continuare, più forte, e soffocare le urla di piacere nel sangue e...
    CITAZIONE
    [...] Gradirei un po' di esibizionismo da parte tua, tesoro.

    Mh? -si passò la lingua sulle labbra, si stava già formando l'acquolina- Oh! Sì, certo... -si era distratta. Poco male, poteva recuperare senza troppo danno. E far finire quella tortura: aveva ormai più di un certo languorino.
    Era ancora in ginocchio, perciò non le fu troppo sforzo divaricare leggermente le gambe ed iniziare a sfiorarsi. Con la punta dell'indice si picchiettò le labbra rosse, mentre con la mancina si accarezzava gli addominali. La mano destra, scese sul mento e poi il collo, giù lungo lo sterno, e quando fu quasi a contatto con la sorella entrambe risalirono a coppa sui senti e vi si fermarono brevemente a saggiarne la consistenza prima che nuovamente l'indice riprendesse la sua strada tutta curve e anse verso il pube. Aveva già superato l'ombelico quando la voce della zeltron si udì nella stanza, così rotta dagli ansimi che chiunque avrebbe giurato che la donna era già sulla strada buona per l'orgasmo.
    Si interruppe. Fece un solo cenno del capo al chiss, segno che lei passava la mano, aveva quel ghigno strafottente in viso e un sopracciglio arcuato sulla fronte: non voleva arrangiarsi, non quando aveva un macchinista pronto all'azione da un paio d'ore...
    ...Speriamo non finisca troppo in fretta. -Sì, aveva proprio voglia di una scopata come Zela comanda.
    Alex fu rapido a prendere il turno e, dopo aver scimmiottato le ballerine, cosa sempre gradita ad Astrea, prese in mano la situazione.
    Fu perfino troppo veloce per lei, perché realizzasse il movimento che stava facendo prima che l'istinto di evitare un oggetto che le veniva contro la facesse sedere di botto sul letto. Le fu sopra e aveva le idee molto chiare su quella che doveva essere la mossa successiva di Miss Velia, una che, tutto sommato era la naturale conclusione di quello spogliarello, nonché il naturale inizio del motivo per cui si trovavano lei non lo aveva scaricato in palestra.
    Si tirò su. Nuovamente in ginocchio arrivava ad avere gli occhi all'altezza degli addominali. Ci poggiò entrambe le mani e iniziò a sfiorare il profilo dei muscoli con la punta del naso. Con una lentezza esasperante. Fortunatamente, anche le dita magenta avevano una certa esperienza di bottoni e prima che il mulatto se ne rendesse conto i calzoni gli erano alle caviglie, o il più in basso possibile, e le mani risalivano già le gambe dell'uomo.
    Astrea serrò la mascella. La pelle scura profumava ancora di costoso docciaschiuma, le pizzicava le narici e le faceva arricciare il nasino. Posò la pronte sul ventre di Alex, nascondendogli il panorama, le dita magenta erano arrivate all'inguine e da lì, mentre la lingua della zeltron aveva già preso ad avvolgersi attorno al glande, una aveva fatto presa sul pene e le unghiette dell'altra solleticavano la pelle sensibile dei testicoli.
     
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    Le fantasie della donna impregnavano l'aria e si mischiavano a quelle del clone, creando un'atmosfera altrettanto tossica, satura di passione tale da render certo che qualcosa o qualcuno avrebbe preso fuoco, alla fine. Ed era talmente tanto tempo che Alex non aveva occasione di crogiolarsi in un simile veleno, che gli pareva di essere rimasto senza da tutta la vita, o forse la verità era proprio che il mulatto era affogato in altri tipi di piaceri, nel sangue e nella paura altrui, una droga per lui potente e dagli stessi risultati, e che quello specifico scenario, con una donna nuda, a gambe aperte che si toccava per lui, per stuzzicarlo, quello non aveva precedenti. Era uno che parlava tanto, Alex, ma che in realtà non aveva mai trovato un pubblico così recettivo come quella zeltron, e non era nemmeno un assiduo frequentatore di puttane, ci girava attorno, dava l'impressione di esserlo, ma non era vero, non lo era mai stato. Aveva sempre avuto altro per la testa, il chiss: il potere. E la ricerca per il potere lascia raramente il tempo per andare a prostitute.... a dire il vero, non gliene veniva nemmeno la voglia. Era come un assuefatto, quel chiss, e lo era sempre stato, ma non per un tipo di droga comune, anche se facilmente reperibile: lui era un dipendente da adrenalina, dal sangue, dall'omicidio; tutte cose di fronte a cui una semplice scopata tendeva ad impallidire, almeno per lui. Ma è proprio questo ciò che rende una dipendenza tale, e pericolosa: quando nient'altro riesce a donarti lo stesso piacere, quando dunque non ti restano altri desideri al mondo. Alex si era allontanato con molta fatica da quella strada e non ne era ancora uscito pulito, non lo sarebbe mai stato, perchè quel genere di dipendenza non ti può abbandonare, rimane una voce nel retro della testa, che ti sussurra all'orecchio quando il resto delle voci si fanno silenti.
    Persino in quel momento, quell'erezione per lui presagiva dell'altro, non era associata realmente ad un desiderio sessuale, ma all'idea di sventrare quella donna, e sì, anche fotterla, ma come simpatico bonus extra, non come punto di partenza. O almeno, così sarebbe dovuto essere. In verità, si trovava alquanto confuso da quella situazione, anche se non lo dava a vedere, anche se non si lasciava il tempo di pensarci.
    "Fotti la zeltron" era stato il pensiero numero uno di quella mattinata al supermercato, ma non era un pensiero nato da solo, gli era stato infilato a forza nella testa, senza che lui se ne accorgesse. Perchè per quanto il mulatto avesse potuto chiedere, e forse arrivare al sodo in maniera molto semplice che scatenando una guerra per i pelati, era certo che se l'avesse fatto, non sarebbe mai arrivato a questo punto; non allo spogliarello, non a sentirsi carico ed elettrico in tutto il corpo, come se fosse stato nel pieno di un combattimento della propria vita. E così si sentiva in quel momento, mentre Astrea riempiva l'aria dei suoi suoni e si passava le mani tra le gambe: gli pareva di avere una pistola puntata alla testa e pochi secondi per ribaltare la situazione e poggiare la propria lama alla gola della donna. Si sentiva così dannatamente vivo.
    Un ricordo dimenticato gli vorticava sfumato davanti agli occhi, quello di una donna dalla testa rasata, che davvero gli aveva puntato un'arma alla tempia... non a lui, certo, era... Fisher... sì. Ma le sensazioni erano così simili, eppure esaltate. Cosa sarebbe successo se avesse dato davvero una pistola in mano a quella zeltron? Il pensiero lo faceva rabbrividire... di piacere.

    Si sentiva febbricitante, i tremori diffusi, il calore rovente della pelle, e sapeva perfettamente che c'era una maniera per porre fine a quella strana sofferenza.... eppure stava iniziando a trovarlo ancora più piacevole: soffrire.
    Ktah, se solo avesse avuto un coltello, oh cosa avrebbe potuto fare...
    Un lungo e basso gemito s'era già unito al coro della donna, quando ancora doveva arrivare da lei, ma ora che finalmente lei aveva portato alla luce tutto il suo desiderio, altri respiri, irregolari, seguirono, tracciando il profilo di ogni centimetro di pelle che la donna sfiorava sol volto.
    Il petto si sollevava e abbassava in un ciclo aritmico e spezzettato, le mani prudevano per afferrarsi e iniziare da solo, ma la sua volontà, ferrea su quel punto, aspettava, si costringeva ad aspettare ancora un po', perchè faceva male, e quindi lo adorava. Non lo avrebbe ammesso, mai, ma quanto lo adorava.
    Si liberò definitivamente dei pantaloni, sollevando un piede e poi l'altro perchè non lo impedissero alle caviglie, e poi, poi finalmente tutto iniziò, e Alex perse completamente il controllo.

    Le afferrai la testa affondando le mano destra nella chioma bluastra, e la mandibola, premendogliela aperta con la sinistra, quindi spinsi con violenza il bacino, cercando di affrettare i tempi senza ritegno. Non fu affatto un pensiero razionale, se lo fosse stato, mi sarei preoccupato di altro, no, in quel momento il mio unico pensiero era arrivare più a fondo possibile e poi fotterla ancora, ancora e ancora, sapendo perfettamente che lei avrei fatto male, e anche per questo, ancora più deciso ad arrivare fino in fondo. Alex avrebbe potuto continuare a giocare, avrebbe potuto aspettare, ma io no.
    Sarebbe stato semplice soggiogarla da lì: bastava lasciarsi cadere in ginocchio sul letto, sovrastarla a carponi tirandola indietro, verso il materasso, e continuare a tenerla stretta. Ovviamente c'erano anche altri dilemmi, ma ricordate? Nessun pensiero razionale.
     
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    GUK! -Astrea strabuzzò gli occhi sorpresa quando Alex diede il via a quella gastroscopia con effetto sorpresa.
    Aveva mugolato la sua approvazione quando aveva sentito le dita dell'umano tra i capelli e la sua mano sul viso, le era sempre piaciuto farsi guidare, quasi costringere, in quel modo; quello che non le piacque per nulla e scatenò la sequenza degli eventi successivi era il modo in cui quel tizio aveva deciso di martellarle le tonsille.
    Il primo affondo, quello che l'aveva quasi strozzata nonostante il riflesso faringeo particolarmente basso, quello la zeltron lo poteva capire, giustificare come un momento di trasporto eccessivo. Gli altri, quelli che arrivarono subito dopo, quelli che le stavano provocavano i conati di vomito e che era costretta a sopportare dalla presa di Alex sulla sua testa, quelli no.
    Aveva provato a togliersi da quella situazione, ad allontanare la testa e a spingergli via il bacino con le mani, ma il clone aveva una posizione leggermente più vantaggiosa perché lei davvero potesse opporvisi.
    Significava in sostanza che era lui a dover scegliere di fermarsi.
    Aveva provato ad alzare gli occhi nei suoi e lanciargli un'occhiataccia, voleva la smettesse di fare così, lo voleva davvero tanto. Non era quello che immaginava quando lo aveva portato lì, non era quello che voleva fare con lui... Il livello di preoccupazione della giovane balzò direttamente sul rosso. Era in ansia e preoccupata e pure parecchio incazzata: il sesso sarebbe dovuto essere qualcosa di bello, qualcosa di appagante; che ti fa alzare i battiti per il piacere dell'orgasmo non per l'affanno di una morte per asfissia.
    Peccato. -Con un sospiro mentale si preparò a levarsi da quella spiacevole situazione.
    All'ennesimo affondo di Keldor, la zeltron scostò leggermente la lingua di lato, giusto per assicurarsi che il fallo si avvicinasse alle arcate laterali di sinistra e poi serrò le fauci sul corpo cavernoso con la massima potenza di cui era capace. Non premette a lungo, giusto quello che bastava perché Alex mollasse la presa; infondo, i movimenti del bacino di lui avrebbero fatto il resto.
    Se il suo intento fosse riuscito, Astrea si sarebbe velocemente levata da sotto Alessia e sarebbe scesa dal letto, dal lato che dava sulle scale, nel minor tempo possibile: possibile che non tutti i maschi apprezzavano l'evirazione e quindi meglio avere una via di fuga. Nello specifico quelle o il bagno alla sua destra.
    Ma che cazzo fai? -gli chiese- Mi stavi soffocando! -la voce era decisamente un po' rauca e la gola le dava un leggero fastidio in fase di deglutizione per i continui sfregamenti.
     
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    L'estasi di quel momento, era esaltata dalla dominanza, dai patetici tentavi della donna di liberarsi, dal mio sapere che avevo il totale controllo della situazione. Dal sapere che avrei potuto ammazzarla, se lo avessi voluto. Le dita stringevano con forza, tirandole i capelli e il bacino si muoveva a ritmo martellante, ma il mio sguardo era tutto per la donna sofferente sotto di me. Quegli occhi blu annacquati dai conati e resi furenti dalla rabbia impotente, il calore che le attraversava il corpo e si fermava in petto, erano pura poesia. Questa volta ero io sopra, questa volta e le successive, per sempre. Ero io quello forte, ero io quello che godeva il momento, ero io quello che prendeva tutto e lasciava gli altri a pezzi. Quella rabbia... io la conoscevo bene.
    AHHHHHHHHHHHHHIIIII! Mollamollamollamollamolla!!!
    Era accaduto in un attimo, e avrei potuto evitarlo, forse, se fossi stato più attento, e meno annebbiato dall'intimo piacere delle nostre rispettive posizioni, e invece no, ero stato lento e l'amico Fred ne aveva patito le conseguenze.
    Non appena sentii i denti chiudersi, mi immobilizzai, spalancai gli occhi e il fiato mi si strozzò in bocca. Per un istante, l'atavico terrore dell'evirazione, presente in ogni maschio, prese il sopravvento e il cervello iniziò a mandare segnali contrastanti, ognuno forte come padellate in testa, ma poi il dolore acuto sopraggiunse e con esso il concetto più importante venne espresso a chiare lettere. Le avevo mollato la testa già da mezzo secondo, ma in quel momento, le piantai entrambe le mani in faccia, senza sapere bene dove prenderla, o cosa fare, ma con l'urgenza di cavarmi da lì a guidare ogni movimento. Prenderla a padellate in testa sarebbe stata la soluzione più istintiva, se solo avessi avuto una pdella, invece mi dovetti accontentare di tattiche meno brutali per lei e più per me [liberazione del contorsionista]. Non so nemmeno che cosa feci di preciso, il mio corpo aveva agito da solo, senza quasi chiedermi il consenso, so solo che quando lei aprì la bocca, io ero già quasi fuori e stavo precipitando di schiena dal materasso.
    In sequenza, inciampai nei pantaloni ingrumati in fondo al letto, persi l'equilibrio, iniziai la mia discesa, con le mani protettivamente al pacco, e senza nemmeno pensarci, mi trovai a torcere il busto e voltarmi a mezz'aria come un gatto. Fu oggettivamente una pessima idea, considerato il bruciore al pisello, che non avrebbe gradito alcun altro contatto fisico per un po', ma d'altrocanto appoggiare la fronte per terra soffocò le bestemmie in cheunh che uscirono a ritmo cadenzato, una dietro l'altra.
    Per quel tempo, il dolore si era trasformato in bruciore e io avrei potuto alzarmi, ma... non lo feci.
    CITAZIONE
    Ma che cazzo fai?

    Che cazzo facevo?
    CITAZIONE
    Mi stavi soffocando!

    Sì, beh, non era lo scopo principale, ma... Che-...
    Strinsi i denti, e lasciai andare.

    Keldor avrebbe voluto strappare i denti a quella donna con una pinza, uno dopo l'altro, ma non l'aveva fatto e non si era nemmeno alzato da terra, anche se il dolore non era così forte da costringervelo, anche se lui poteva sopportare molto di più, a dispetto di strilli e schiamazzi. Keldor non l'aveva fatto perchè...
    S-ssscusa. sputò fuori il clone, con evidente sforzo. Non era una parole che gli riusciva facile, non in sè, perchè anzi, l'aveva pronunciata un sacco di volte a vuoto, no, in quel momento era difficile perchè credeva che fosse sincera.
    Strinse i denti, deglutì. Aveva gli occhi chiusi, ed era meglio così, preferiva non aprirli, non credeva fosse una cosa saggia in quel momento, Alex.
    Mh. quello che avrebbe voluto essere l'inizio di un discorso sagace e convincente per sdrammatizzare la situazione, ne uscì molto più simile ad un debole guaito, ma non era per il male, quello ormai era passato da un pezzo in secondo piano, lo sentiva, ma non era nulla di insopportabile, era tutt'altro a bloccarlo.
    Non era una cosa comune, per uno come lui, trovarsi senza niente da dire, ma in quel caso, non sapeva veramente da dove iniziare. Sentiva la necessità di spiegarsi, di convincerla che si era trattato di un semplice malinteso, che non era in lui e che lui, Alex, e lui, Keldor, non era schiavo di niente e nessuno, specialmente non un ricordo che si annidava nella sua testa. Ma quello stesso ricordo esisteva e lo pungolava, gli ricordava che se non si fosse dato una mossa a ristabilire le gerarchie in quella stanza, lei avrebbe potuto raccontare quella storia, o peggio, pensare di poter tenere il coltello dalla parte del manico. Darle una lezione era quello che serviva, sì. Però... Però c'era anche un'altra voce, scomoda, nuova, un tempo molto timida, ma che in situaioini come quella, e con Alex al comando, aveva iniziato a prendere vigore; e gli diceva che lui era arrivato fino a lì per una scopata, e solo una scopata, che doveva divertirsi, perchè quella donna non sapeva niente di lui, non aveva nessuna aspettativa diversa da quella maledetta scopata e non doveva per forza farle capire chi comandava, impaurirla e costringerla, perchè lui era solo Alex, e Alex faceva le cose a modo suo.
    Non volevo davvero costringerti, mi dispiace. Volevo davvero vedere cosa sarebbe successo alla tua maniera. Mi stavo divertento, tanto. E' che immagino di essere rimasto senza battute sul copione. Sono questi maledetti ricordi che mi si infilano in testa. Ti giuro che, a sentire loro, quella era la cosa giusta da fare, ma evidentemente non è andata bene. Riproviamo? questo avrebbe potuto essere un ottimo discorso, passabile almeno, ma in quel momento Alex sentiva di meritare il dono della sintesi.
    Mi sono lasciato un po' prendere... la mano. bofonchiò, di nuovo calmo, di nuovo lontano da ciò che non gli doveva appartenere, di nuovo Alex.
    Non lo rifarò. Te lo prometto. aggiunse con un sorriso idiota, alzando finalmente la testa da terra.
    Rifacciamo? Se dici "praline alla fragola", mi fermo, giuro.
    Era un campo nuovo quello, un'esplorazione, una scommessa, ma erano tutte cose a cui il mulatto puntava da sempre. I sensi di colpa, chiamiamoli pure così, erano un ricordo lontano, cancellato come con una passata di NoCalcareGel, ma così pure l'idea di ammazzare quella donna. Non si sarebbe lasciato rovinare il divertimento da altri, non di nuovo.

     
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    La zeltron inarcò un sopracciglio alle bestemmie del clone. Le parve di distinguere le parole "mercenaria", "ghiaccio" e "madre", ma, soffocate com'erano dalla posizione fetale di Alex che se ne stava a faccia in giù sul pavimento, non ci avrebbe giurato: era una lingua che in realtà aveva sentito solo un'altra volta e in un contesto meno ostile.
    Aveva recuperato al volo il suo straccetto ed era già scesa di due gradini lungo le scale, pronta a lasciare l'appartamento e quel deficiente con la passione per i carotaggi una volta per tutti; quando l'uomo riempì la stanza con la sua emote, l'urgenza non di fermarla in sé, ma con quella di farsi comprendere.
    Curioso; abbastanza perché Astrea Velia smettesse la sua ritirata e si voltasse ad accogliere le sue scuse.
    Un rapido contrarsi delle labbra fece seguito alla strozzatura con cui Alex fece ammenda, segno che la zeltron avrebbe davvero preferito ignorare quello che il clone provava: avrebbe voluto non far caso alla difficoltà con cui lui stava racimolando le parole e alla sua stessa resistenza con cui si stava scontrando e che testimoniava di fatto il suo essere sincero.
    CITAZIONE
    Mh.

    Astrea sospirò: sperava in un qualcosa un po' più... articolato.
    Risalì prima un gradino, tentennò un istante e poi fu di nuovo nella stanza da letto; in tempo per ricevere una zaffata di rabbia, paura e impotenza da parte del clone.
    Ah, sì certo! Fanculo! Mimò mentalmente il gesto dell'ombrello e si voltò, stavolta decisa a scendere le scale fino in fondo, a non stare lì a farsi stuprare o ammazzare. Non in quell'appartamento.
    Anche se... sai che bello se Dima tornasse per poi trovarti morta nel suo letto? Le si gelò il sangue nelle vene. Per un istante quell'idea sadica e autodistruttiva la congelò con la mano sul corrimano e il piedino scalzo ad un soffio dal gradino.
    NO. Scosse forte il capo, facendo ondeggiare la lunga chioma blu e riprendendo la discesa.
    CITAZIONE
    Mi sono lasciato un po' prendere... la mano.

    La nota tetra nella sua voce era scomparsa. Pareva uno specchio d'acqua calma.
    Sì, che nasconde un mostro marino... Schioccò la lingua sul palato, ma ancora non si era mossa.
    CITAZIONE
    Non lo rifarò. Te lo prometto.

    La zeltron lo vide, il sorriso cretino stampato in faccia all'umano. Lo vide, perché si era voltata.
    Ktah!
    CITAZIONE
    Rifacciamo? Se dici "praline alla fragola", mi fermo, giuro.

    In fondo ti piaceva, un maschio con un po' di polso. Uno che ti tiene testa... -le palpebre le si ridussero ad una fessura- Ti piace, come ti fa sentire questo tizio: in bilico su una fune a cento metri d'altezza, senza rete; elettrica. Al limite... -i battiti accelerarono leggermente quando la zeltron sentì sul palato il gusto di quell'attesa sfibrante che li aveva consumati fino a quel momento- Ti frega così tanto scappargli? Se muori, poi, lo fai al culmine di un orgasmo: c'è chi farebbe la firma per una fine del genere.
    Ho paura. -disse iniziando ad avvicinarsi al letto, coprendosi il corpo con il vestitino bianco- E, onestamente, non credo di essere più tanto "in vena"... -espirò pesantemente, sedendosi sul bordo del letto; guardando l'umano ancora a terra mentre si ravvivava il ciuffo passandosi le dita tra i capelli.
     
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    Ho paura.

    Oh, cazzo. Lo fa apposta.
    Ad un Alex di mezzo minuto prima, una simile frase non sarebbe parsa incoraggiante, ma l'Alex di adesso e il Keldor di tutti i tempi, avevano un atteggiamento opposto verso una simile affermazione, come d'altronde lo era il fatto che la donna che l'aveva affermato, si stesse muovendo verso il letto. L'Alex di mezzo minuto prima non voleva sentirsi dire una cosa del genere perchè, sì, da qualche parte in un angolo remoto ma molto burrascoso del suo cervello, quelle parole, in quel contesto, non era buone, risvegliavano in lui quella brutta bestia con cui aveva avuto poco a che fare, ma che stava imparando a conoscere di tanto in tanto, che era l'empatia. Quell'Alex non era in grado di imporsi sessualmente su di lei, e su nessun altro, perchè quell'Alex poteva rivivere la stessa paura, e rimanerne scosso. Ma questo Alex, beh, questo Alex trovava le stesse parole eccitanti. E finchè fosse stato Alex, e non Keldor, le cose avrebbero potuto funzionare.
    L'aveva guardata arrivare fino al letto, seguendola con lo sguardo, non più a terra, ma ancora sulle ginocchia, con i glutei appoggiati ai talloni, e l'aveva studiata con cura, come si fa con un bersaglio da gabbare, qualcuno la cui psicologia deve essere almeno sommariamente compresa, prima di poter scegliere un tasto dolente da utilizzare, oppure la giusta bugia da propinargli. L'aveva studiata e ciò che il suo cervello aveva estratto dall'archivio degli stereotipi era "preziosa principessa, vuole farsi pregare".
    Una volta scoperto il modello di riferimento, e chiarito quale fosse il proprio obbiettivo, era facile entrare nella parte e lavorare per avere ciò che desiderava.
    Ah, no? *sniff-sniff* inarcò un sopracciglio, con aria sorpresa, ma poi annusò ostentoriamente l'aria, come in cerca di un odore specifico.
    *Sniff-sniff* ripetè il gesto, protraendosi col corpo verso la direzione generale delle scale, portando il peso sugli avampiedi, ma rimanendo accovacciato. Ancora una volta, annusò l'aria, alzando il naso verso l'alto e girandosi più verso il muro alle proprie spalle.
    Lo senti anche tu? la incoraggiò a provare, continuando a sua volta, spostandosi a quattro, con i punti di contatto a terra ridotti a piedi e mani e le ginocchia piegate, come un moderno Tarzan.
    Ah! Ecco! E' odore di bugia! E viene... *sniff-sniff* sì, viene proprio da qui.. cominciò ad avvcinarsi al bordo del letto, fino a sbucare con un movimento sinuoso tra le gambe della donna, aprendole con le mani alle ginocchia, se necessario.
    Mmm... sì. esaminò con occhio critico l'anatomia della zeltron, scostando il vestitino bianco, se ancora in mezzo.
    Qui qualcuno sta mentendo. Cinzia? Cinzia, sei tu? si mise le mani a coppa davanti alla bocca e urlò il suo richiamo tra le gambe di Astrea.
    Non mi risponde. scosse il capo, serio, rivolgendo uno sguardo preoccupato alla donna.
    Devo andare a cercarla. aggiunse con lo sguardo carico di pathos che solo un eroe pronto a buttarsi in mezzo alla tempesta per salvare la figlioletta, poteva possedere.
    Solo dopo aver scambiato le proprie intenzioni con la donna, Alex decise di imbarcarsi in quell'impresa e affondò la faccia tra le cosce della zeltron, iniziando la sua volenterosa esplorazione alla ricerca di Cinzia.
    L'idea di ricominciare a farsi toccare dalla donna, dopo che gli era appena stato masticato il pisello, non era allettante e di fatto al momento il personale della sala macchine stava ancora cercando di convincere tutti quanti che non era arrivata la fine del mondo e che presto tutto sarebbe tornato alla normalità, tuttavia ormai era diventata quasi una questione di principio, un dovere verso sè stesso, oltre che un'esigenza dettata da tutta una mattinata passata tra i falsi allarmi. Forse, e diciamo forse, il fatto che quella fosse una zeltron ed una particolarmente abile nell'utilizzare i suoi talenti raziali, aveva garantito a Alex qualcosa che normalmente non lo avrebbe mai toccato, e cioè un assaggio di che cosa poteva significare per lui donare piacere a qualcuno. Un assaggio lo era vero e proprio, perchè anche se Alex non ci stava prestando particolare attenzione, le emozioni di Astrea passavano necessariamente anche attraverso di lui e quello sì che poteva essere l'unico modo per rendere uno come lui, un po' più accondiscendente. Quello, e poi anche il fatto che sì, anche ciò che stava facendo esercitava una forma di potere e il potere era tutto per lui.
    Obbiettivamente Alex non aveva esperienza nel campo in cui si era appena impegnato, ma era una persona capace di precisione ed agilità formidabili, praticamente instancabile, ed in quello specifico momento... attento. Oltre al fatto che beh, la lingua era sempre stata la sua arma principale nella vita.
    Era disposto a prestarsi alla cosa, ma non lo era affatto nel concedere alla femmina un orgasmo prima che venisse anche lui. Era più che giusto che le venisse negato, specialmente dopo quello che aveva fatto quella stronza. O con me, oppure niente, era il messaggio implicito e Alex era pronto a prenderle i polsi e impedirle qualsiasi forma di autoerotismo, anche se era più che disposto a lasciarsi istruire su come portarla precisamente al punto che voleva lui, per tutte le volte necessarie a farla cedere.
    E dopo dicono che non sono una brava persona.
     
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