New Star Wars Gdr

Come ad ogni riuonione di famiglia

Role per ERA IL NOSTRO ANNIVERSARIO dell'evento "IL PROFETA"

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Parlato
    Pensato
    Bes'jorhaa
    Shun
    Shanzi
    Tamarih
    Tekk
    Katmn


    Il tunnel azzurrino dell’iperspazio, con quelle sue striature azzurre che scorrono attorno, uno spettacolo ipnotico anche per chi lo ha visto ormai decine e decine di volte, forse centinaia, forse di più… Uno spettacolo come non ve ne sono nella galassia. Ma uno spettacolo che, alla fine, per più di una mezz’oretta non si può guardare prima di venir assaliti dalla noia, o mal di testa, ma forse non era così per tutti? Forse i devaroniani erano immuni, o forse Tamarih era talmente in sintonia con il volo che quello spettacolo, per lei, rimaneva sempre bello… o forse…

    “Dimmi, cosa c’è che non va?”

    Con la sua solita brutalità, Derin aveva deciso di affrontare la questione in maniera diretta, priva di diplomazia o sottigliezza, con lo stesso tono usato per dare istruzioni e comandi sul campo di battaglia; prendendo il devaroniano per le corna. Si era avvicinato a lei, lentamente, affiancandosi al sedile del pilota dove la donna era seduta ormai da ore a fissare quello spettacolo incantevole quanto ripetitivo, mentre il resto della squadra aveva ormai esaurito cena, caf, ammazzacaf, storie, giochi di società, armi da smontare e rimontare e perculate da scambiarsi e si era ritirata per la notte. Ma non Tamarih, isolata da tutti che, evidentemente, si era concessa riposo ancor meno della socievolezza e, considerato il viaggio su cui erano imbarcati, la cosa stava preoccupando alquanto Derin. Non che lo desse molto a vedere, ancora aveva problemi ad esternare sentimenti che non fossero esplosivi come rabbia, gioia, o le sue granate. Ma a volte, qualche piccolo sforzo, qualche concessione, riusciva a permettersela come la mano guantata che andò a posare sullo spallaccio della pilota. Il sospirò che ne seguì, poteva essere tanto di fastidio, esasperazione o fatica, ma quantomeno la donna non cercò di scrollarsi l’arto di dosso, si limitò a storcere la bocca, anche lei generalmente seria e riservata a tratti anche più del suo caposquadra non ufficiale. Il silenzio durò a lungo, ben oltre il termine in cui era confortevole, addentrandosi a fondo nel territorio dell’imbarazzo, ma ormai la mano era stata tesa, per cosi dire, e Derin non poteva tirarsi indietro da quella sfida, per quanto iniziasse a capire quasi cosa ci trovasse Tamarih in quello spettacolo che roteava di fronte a loro… quantomeno non dovevi guardare gli altri mentre aspettavi una risposta che poteva non arrivare.

    “Sto sbagliando vero?”

    Un sopracciglio mezzo tatuato si sollevò più per la sorpresa che per la perplessità di quella domanda che ricevette in risposta assieme a tutta la confusione che gli provocava.

    “Non capisco…”

    “Questo viaggio, a trascinarvi con me, a farlo proprio… sto sbagliando?”

    Ecco, almeno ora aveva qualche parametro in più per riuscire a capire come risponderle, o quantomeno, cosa la donna stesse cercando di dire e quindi, a provare a pensare ad una risposta. Inspirò a fondo ed espirò lentamente, prendendosi il tempo di riflettere su quella domanda, la mano ancora dimenticata sulla spalla di Tamarih, diventata quasi più un appoggio che un punto di trasmissione di solidarietà. L’attenzione del mandaloriano all’interno, sulla questione filosofica, almeno finché la voce di lei non tornò a farsi sentire, prepotente.

    “Gli affari in cui ci sto per immischiare non c’entrano niente con noi, con il nostro popolo, i mando’ade, fanno parte del mio passato da aruetii, della mia famiglia… no, non sono più la mia famiglia, voi siete la mia famiglia, il mio clan è la mia famiglia, non quel vecchio bastardo di Barbeque.”

    E come darle torto, un mandaloriano adottato come lo era Tamarih teoricamente doveva lasciarsi alle spalle tutto ciò che rappresentava il suo passato, la sua vecchia famiglia. Il popolo, i Mando’ade erano una famiglia, la famiglia di tutti loro, anche se a volte i litigi familiari finivano per risolversi in bagni di sangue ma, hey, quale famiglia non ha le sue miriadi di scheletri nel giardino dietro casa. Intanto, il silenzio era tornato e Derin, questa volta, sentiva che una risposta urgeva, che il silenzio da imbarazzante, sarebbe stato dannoso se si fosse protratto troppo a lungo.

    “Hum…”

    Ok, bene, voce schiarita, intanto aveva emesso un rumore, aveva preso tempo per pensare, per riflettere più a lungo su di una questione spinosa.

    “Beh ecco, vedi…”

    Ok, ok, ora sembra che un discorso stia iniziando, certo, il tono poteva benissimo essere molto più sicuro, non dare l’idea di non saper proprio dove andare a parare. E del resto, dove poteva andare a parare? Tamarih non aveva diritto di gettarsi in questa impresa, non con lo stato in cui si trovava il loro popolo, non con la guerra civile terminata solo ufficiosamente, non con i Mando Cabure ancora frammentati.

    “Lo so, lo so, avrei dovuto mandare mio zio a farsi fottere, avrei dovuto dirgli dove poteva infilarsi le sue corna. Quel lato della mia vita è acqua passata, non devo più pensarci, soprattutto non per fare un favore a quel vecchio pirata…”

    “Ma…”

    Tutte argomentazioni ottime, ed avrebbe dovuto rafforzarle, seguirle, portarla lungo quel filo logico… ma lei non sembrava del tutto convinta di ciò che stava dicendo, non sembrava convinta di quello che sarebbe dovuto essere il ragionamento di un mandaloriano come si deve. Derin non aveva saputo resistere, era un bastardo sociopatico, ma non era riuscito a non dare spazio ai dubbi della donna, nemmeno lui sapeva perché, ma ormai si era incamminato lungo quella strada, e qualcosa gli diceva che era quella giusta.

    “Ma… ma quel vecchio mir’osik c’è stato quando mio padre era in viaggio a farsi spezzare le corna”

    Sospirò la donna, abbassando finalmente lo sguardo verso la cloche e serrando la mascella.

    “L’unico stronzo a non trattarmi come una donna, a non pretendere che stessi a casa a mandare avanti il pianeta, a darmi spazio a darmi… a darmi le mie ali”

    Un sorriso, debole, pallido, ma decisamente un sorriso si aprì finalmente sulle labbra di Tamarih ed un’ombra di nostalgia andò a macchiare i riflessi azzurrini nei suoi occhi.

    “Non saresti qui se non fosse per lui, non saresti una mandaloriana, non saresti… tu” [INTUIZIONE]

    Un pensiero che gli arrivò alla mente spontaneo, un’idea che gli balenò per la testa sulle motivazioni che muovevano la sua pilota che rispose annuendo lentamente, accettando quella realtà.

    “Per quanto mi riguarda, tu rimani il capo, se per te stiamo facendo una stronzata, io esco anche subito dall’iperspazio e ce ne torniamo da dove siamo venuti a far esplodere cose e massacrare scagnozzi del Leviathan…”

    Convinta di ciò che diceva, almeno in superficie, ma c’era una lieve inflessione nel tono, nella voce che sembrava speranzosa, forse di un si, forse di un no, che Derin le togliesse la responsabilità della decisione, di abbandonare suo zio, od il suo popolo. Ma non stava abbandonando il suo popolo, non realmente. Rispondere alla richiesta di aiuto di qualcuno non voleva dire voltare le spalle ai mando’ade, l’unica complicazione era che questo qualcuno che dovevano aiutare era imparentato, di sangue, con Tamarih, che l’aveva cresciuta, che aveva significato, che significava qualcosa per lei. Che era una distrazione dai suoi doveri. Derin lanciò una rapida occhiata al verde della propria armatura. Dovere.
    Il loro dovere era verso il loro popolo, verso i Protettori mandaloriani, era di combattere i loro nemici ed assistere il loro popolo, non un pirata devaroniano che potrebbero dover far esplodere fra un mese o due.
    Ma il suo dovere, era verso la sua squadra.

    “Andiamo all’incontro con tuo zio, con questo… Barbecue, sentiamo cos’ha da dire, poi decidiamo”

    Le parole uscirono più facili di quanto non pensava sarebbe stato. Qualcosa dentro di lui ancora strideva, gli diceva che stavano sbagliando, che avrebbe dovuto cogliere la palla al balzo e girare la rotta, tornare ai suoi doveri, i motivi per cui aveva dipinto il verde sulla sua corazza. Ma una voce nuova, chiara, cristallina, forte, risuonava di calore, di quanto fosse giusta quella decisione. Aiutare Tamarih, esserci per la sua squadra come loro erano sempre stati li per lui.

    “Puoi anche togliermi la mano dalla spalla ora eh”

    Un tocco di divertimento nel tono che lo colse di sorpresa, risvegliandolo da quei pensieri, portandolo a sbattere le palpebre e rendersi conto che ancora si stava appoggiando a lei, lasciando scivolare la mano lungo il proprio fianco ed accompagnando il gesto con uno sbuffetto divertito. Con un gesto altrettanto fluido, si lasciò scivolare nel sedile del copilota, lo sguardo sempre sul tunnel dell’iperspazio.

    “Solo una cosa”

    Al tono deciso, quasi duro di lui, lo sguardo della devaroniana si spostò invece finalmente dalle luci azzurre, portandosi sul viso tatuato di lui.

    “Barbecue… che nome del cazzo!”

    E finalmente, un sorriso, uno vero, una risata anche se breve ma genuina, divertita, un cenno di capo affermativo.

    “Si, si lo è”
     
    Top
    .
  2. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Cosa stava facendo. Perché lo stava facendo. Aiutare Tamarih con la sua famiglia biologica, aiutare quel vecchio pirata senza una promessa di soldi, senza un ingaggio ufficiale che sia di aiuto ai Mando Cabure ed ai Mando’ade in generale. Il pensiero continuava a tormentarlo, a seguirlo e rimbalzargli in testa mentre fissava la propria armatura sistemata sul letto. Il colore verde, il dovere che aveva scelto come proprio ideale, verso il clan, verso il proprio popolo. Un colore che sembrava rimproverarlo e dare un’aria vagamente minacciosa al visore a T che pareva quasi fissarlo e, per una volta, riusciva a capire l’effetto che poteva fare sugli aruetiise. Fissava l’armatura verde mentre si asciugava ed anche il suo quotidiano regime di esercizi che aveva iniziato in carcere non era riuscito a schiarirgli le idee come aveva sempre fatto tanto in prigione, come nei giorni successivi. Più che aiutarlo a capire cosa stesse realmente facendo e come mai, aveva dato terreno fertile ai suoi dubbi e sensi di colpa dove rotolarsi assieme, avvinghiarsi alle sue sinapsi e moltiplicarsi.
    Quando l’intercom della nave risuonò lo fece sobbalzare, cogliendolo di sorpresa.

    “Si?”

    “Siamo usciti dall’iperspazio, stiamo per attraccare”

    “Arrivo”

    Quei dubbi avrebbero continuato a seguirlo e tormentarlo il resto del giorno, ma il verde continuava a decorare la sua armatura ed anche se era strano, il suo dovere lo chiamava a rivestirsi della sua armatura, ed incontrare questo pirata devaroniano.

    La “Archangel” non era proprio ciò che si sarebbe aspettato da una nave pirata. Il suo capitano, invece, si.
    Ad accoglierli all’attracco delle due navi fu un individuo alto, massiccio con due corna lucide e ben tenute, entrambe ancora solide ed appuntite, la pelle scarlatta, il viso decorato da un pizzetto poco meno curato delle corna stesse. Un misto di indumenti viola, rossi e blu di ciò che parevano morbide stoffe e sete fasciava i muscoli del devaroniano che, quasi nel voler seguire pedissequamente ogni cliché, aveva scelto anche un mantello porpora ed un paio di lucidi stivali neri a completamento della sua “uniforme”, con una sciabola d’ordinanza su di un fianco, una pistola sull’altro ed un paio di altre bocche da fuoco a far bella mostra in bandoliera sul petto massiccio. Ma sul lato sinistro del viso e dal fronte sbottonato della camicia, si intuiva facilmente il perché di quel soprannome che Derin aveva criticato; orribili cicatrici da ustione campeggiavano sul suo corpo e lui, pareva farne sfoggio come fossero medaglie.

    “Buongiorno e benvenuti sulla Archangel, la più veloce e feroce spina nel fianco delle Corporazioni che troverete in tutta la galassia!”

    Ed effettivamente, rispetto alle altre navi pirata in cui aveva avuto il dispiacere di volare, anche se solo di primo acchito, la Consular pesantemente modificata appariva impressionante. Pulita. Prima di tutto pulita. Questo era ciò che lo colpì inizialmente. Un senso di ordine che mal sembrava adattarsi all’accozzaglia di abiti e colori indossati dal suo comandante o dai due devaroniani al suo fianco. Fu proprio la sua di Devaroniana a farsi avanti per prima e Derin non glielo impedì anzi, con un mezzo passo, si fece letteralmente da parte. Alla fine, era lei la destinataria dell’invito e tanto lui quanto il resto della squadra che si trovava ora alle loro spalle in piena panoplia erano solo ospiti secondo il piacere e desiderio di Barbecue. Non che avrebbero reso il catturarli od espellerli od anche ucciderli facile ai pirati, ma erano ospiti e, almeno quello, era un concetto che capivano.

    “Meno cianche e formalità Barbecue, mi hai chiamato, sono qui, cosa vuoi?”

    Il Capitano pirata era bravo, un buon attore, un ottimo controllo su di sé, la sua espressione ed il suo modo di fare, ma non abbastanza da non lasciar scivolare dalla sua presa un’ombra di sorpresa e disappunto all’intensità della risposta di Tamarih. Non era decisamente ciò che si aspettava e se Derin fosse stato un minimo meno osservatore, non si sarebbe reso conto nemmeno di quella fugace apparizione sul viso del devaroniano tanto rapidamente si riprese, voltandosi ed invitandoli con un ampio ed aristocratico gesto a seguirli.

    “Vi prego, da questa parte, accomodiamoci e parliamone in un ambiente più… consono”

    I modi del Capitano non piacevano a Derin. Il capitano non piaceva a Derin. Ma forse, poteva semplicemente essere un rimasuglio del suo ultimo incontro con un capitano pirata, anch’esso devaroniano. Barbecue aveva modi ed affettazioni da perfetto gentiluomo, una cortesia troppo studiata ed artefatta per l’etichetta mandaloriana, ma quantomeno non pareva troppo untuoso, nonostante mezzi inchini, svolazzi di cappe e di dita artigliate e sorrisi a tutte zanne. Quantomeno il punto di attracco non sembrava l’unico della nave ad essere stato rimesso in ordine ma c’era in tutta la Archangel un certo senso di ordine, una quieta disciplina, di tensione verso un obiettivo unificato ed unificante. Non la disciplina militare che si sarebbe potuta trovare su di una nave Repubblicana, ma non era puro caos, non era ognuno per fatti propri a sfogare istinti distruttivi fino al prossimo bagno di sangue. L’effetto, che Derin avrebbe anche potuto ammirare, fu rovinato in parte dall’ostentata opulenza della saletta riunioni in cui furono fatti accomodare. Un tavolo allungato probabilmente reliquia di una passata vita di rappresentanza dell’astronave era l’unico punto vagamente sobrio, limitandosi ad un runner multicolore che sembrava quasi riflettere l’accozzaglia di opere d’arte di più o meno dubbio gusto che incrostavano pareti e si ammassavano su scaffalature. A campeggiare su tutto, un trono coperto di velluti e pellicce occupava un capo della tavolata.

    “Cosa posso offrirvi, del Chandrila Blue, del brandy, whisky Corelliano, narcolethe Mandelliano… della ne’tra’gal?”

    Aggiunse l’ultima con un sorrisetto quasi lascivo, lasciandosi scivolare a sedere sul proprio scranno ed unendo le dita a cupola di fronte al viso ed allungando le gambe sotto il tavolo, sbracandosi. Stava giusto alzando una mano per segnalare ad uno dei membri della sua ciurma rimasti alla porta, una via di mezzo fra guardia e servitore, quando Tamarih posò il suo elmo con forza sul tavolo, mostrando i canini appuntiti, bloccando per un secondo anche il resto della squadra dal sedersi. Il gesto non stupì solamente Barbecue, che comunque sembrò prenderla piuttosto bene se non per un moto di sorpresa che poteva tanto essere reale quanto un’affettazione, ma anche i mandaloriani, Derin in testa. I dubbi che aveva rivelato rima di giungere al rendezvous sembravano essere spariti, o quantomeno essere stati seppelliti dietro la sua solita intensità. Sembrava quasi essere mossa da una certa ostilità nei confronti del parente ed il sollevarsi dell’elmo di Derin rivelò una fronte aggrottata ed uno sguardo confuso ma curioso che si spostava fra i due devaroniani

    “Poche stronzate, vecchio pirata, ci hai contattati perché hai bisogno di qualcosa, dicci cosa senza farci perdere tempo”

    Un attimo di silenzio, poi una risata accolse le parole.

    “Ho ho, Tamarih, è questo il modo di rivolgersi al tuo zio preferito dopo tanto tempo che non ci rivediamo? Volevo solo rendere la nostra riunione più piacevole…”

    Fece spallucce, alzando i palmi e le dita artigliate verso l’alto.

    “Non vedo da dove venga tutta questa ostilità, ma se proprio vuoi parlare di affari…”

    Si mosse, raddrizzandosi finalmente sulla sedia prima di sporgersi in avanti e posare delicatamente le mani sul tavolo, il sorriso lascivo che si cristallizzò in uno più deciso e retto da una durezza che non aveva rivelato fino ad ora.

    “Ho bisogno del vostro aiuto… del tuo aiuto…”

    Lanciò un’occhiata significativa verso sua nipote.

    “… Ho messo le mani su di una mappa che può portarmi… portarci ad un antico e ricchissimo tesoro, una quantità di crediti e tecnologie da far girare la testa e poter sostenere qualsiasi nostro desiderio, che sia solo continuare a combattere qualsiasi guerra vogliate, oppure, magari, darsi finalmente al pensionamento su Bespin od una spiaggetta di Zeltros”

    Torno per un attimo la lascivia in quel sorrisetto, nello sguardo che rivolse al gruppo di mandaloriani ma gli angoli delle labbra si piegarono rapidamente in basso in quella che voleva essere un’espressione triste, o meglio, l’imitazione scherzosa mentre gli occhi gialli del Capitano, si spostarono lentamente, man mano che parlava, verso Tamarih.

    “Purtroppo, non è l’unico pezzo e per scoprire dove quel tesoro si trovi, è necessario riunirli. La buona notizia è che so dove si trovano gli altri quattro, sono rimasti, o stati recuperati tutti dalla famiglia, dai tuoi zii e le tue zie. La cattiva notizia è… beh, lo sai che fama io abbia e sai benissimo come finirebbe se io mi presentassi bel bello a chiedere di riavere quegli oggettini, no?... Ma è qui che voi… che tu subentri. Tu non hai la stessa fama, tu potresti parlare loro, convincerli e convincerle, sentire cosa vogliono in cambio o, comunque, ritrovarti subito un blaster in faccia prima che tu possa recuperarli… magari spargendo meno promesse di condivisione del tesoro possibile, uhm?”

    Ammiccò, un gesto che provocò uno sbuffo di insofferenza, di impazienza da parte di Tamarih che, nonostante fosse visibilmente a disagio, sembrava quantomeno star ascoltando con attenzione. Non sembrava convintissima della cosa, ma sembrava che qualcosa la guidasse, la spingesse a non mandare semplicemente a quel paese lo zio ed andarsene. Forse il suo desiderio, la sua necessità di mostrarsi, di essere sempre affidabile, anche al di fuori del mondo mando’ad o forse, c’era dell’altro.
     
    Top
    .
  3. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Silenzio.
    Barbecue fissava Tamarih e fissava Barbecue, Derin fissava Tamarih, Bes fissava Tamarih e Derin, Tekk fissava Bes e Derin, i gemelli si fissavano a vicenda, Katmn fissava il tavolo imbarazzato ed uno dei pirati a guardia delle porte fissava una caccola che aveva appena ripescato dalla narice.
    La tensione era palpabile.
    “Fammi capire, tu vorresti che io, che noi, andassimo su Devaronia a rappresentare te…”
    Disse puntando un dito guantato contro il capitano.
    “…e chiedere pezzi di una mappa verso un tesoro favoloso quanto misterioso? Io, che non sono nemmeno più parte della famiglia, che ne ho una nuova!”
    Disse gesticolando nella vaga direzione dei mandaloriani tenendo gli occhi fissi sullo zio quasi volesse forargli il cranio con l’intensità del suo sguardo, piegando leggermente in avanti il busto, il corpo teso come una lastra di beskar. Derin osservava tutto con un misto di curiosità ed orrore, non riuscendo a capire bene le dinamiche della situazione, della vecchia famiglia di sangue della pilota e di come potrebbe andare a finire la situazione. Quantomeno, era lieto non avessero tolto loro le armi. O forse, sarebbe stato meglio, considerata la piega che la discussione fra i due devaroniani sembrava star prendendo.
    “Tu sei completamente pazzo. Lascia perdere farti risentire dopo tutto questo tempo, ma lo fai per chiedermi un favore e… davvero, sinceramente, come pensi che io possa riuscire a farmi dare i pezzi di mappa?”
    Un’alzata di spalle rispose alla domanda della donna.
    “Come li ottieni sono fatti tuoi…”
    “Non finire la frase, non arrivare in fondo a quel pensiero. Tu non vuoi arrivare in fondo a quel pensiero”
    Minacciò di rimando la pilota pelosa in una minaccia che non poteva essere più palese neanche avesse estratto il blaster e gli avesse sparato contro. Gli occhi sgranati, i denti appuntiti sfoderati, lo sguardo intenso fisso negli occhi gialli dello zio ed una mano alzata a fermarlo, ad intimargli di star zitto.
    “Ma poi, il tutto per solo per farti un favore… per arricchirti… la mia risposta è…”
    Questa volta fu il dito artigliato di Barbecue a fermare la voce di Tamarih ed uno sguardo severo, quasi paterno nella sua fermezza smorzata solo leggermente dal sorrisetto che ancora le rivolgeva, il resto dei mandaloriani, apparentemente dimenticati.
    “C’è sempre la vostra parte del tesoro…”
    SBAM!
    La mano della pilota calò di botto sulla superficie metallica del tavolo in una continuazione di quel gioco ad interrompersi e bloccarsi fra i due devaroniani ed ormai, gli occhi di tutti erano fissi su quel “duello” di zio e nipote.
    “Avremmo dovuto portarci degli stuzzichini”
    Il sussurro di Shun sufficiente ad essere sentito nel silenzio seguente allo schianto guadagno al ragazzo di venir fulminato dallo sguardo al turbolaser di Tamarih costringendo il ragazzo a ritrarsi nella propria corazza in uno spettacolo patetico. Ma anche a Derin qualche cosina da sgranocchiare mentre osservava, iniziava a godersi quello spettacolo, non sarebbe affatto dispiaciuto.
    “Tu. Osi. Corromperci. Per fare. Il tuo. Lavoro. Sporco.”
    “Corrompervi… vi pago, non siete mercenari?”
    Il pelo che copriva quasi interamente il viso di Tamarih impedì di vedere quanto a fondo andava il rossore che già dalle parti di pelle lasciate scoperte pareva quasi luminoso. L’impressione era di vedere la caldera di un vulcano, che sarebbe stato facilmente possibile cucinare qualcosa sul naso della pilota ed effettivamente un paio di spiedini… no, doveva smettere di pensare al cibo, doveva concentrarsi su quello che stava dicendo che, in effetti, iniziava ad avere una certa rilevanza anche per lui; la cosa si stava prospettando come lavoro. Derin alzò un dito e si raddrizzò, sporgendosi leggermente verso il Devaroniano ed aprì la bocca.
    “Noi…”
    Il suo intervento rimase solo in fase larvale
    “Noi non siamo stati chiamati come mercenari però; io non sono stata chiamata come mercenaria, il messaggio che mi hai mandato era indirizzato alla tua nipotina preferita, era tutto calore e senso della famiglia. Beh, hai scazzato, perché il senso della famiglia ce l’ho, ma tu non ne sei più parte!”
    Per la prima volta da quando lo avevano incontrato, il sorriso di Barbecue sparì dalla bocca zannuta del devaroniano ed il vecchio pirata parve ferito, sinceramente colpito e ferito dalle parole della donna. Se fosse realmente addolorato del vedersi rinnegato così dalla nipote, o stesse fingendo magistralmente, ma l’impressione di Derin nella sua esperienza con individui menzogneri di varia abilità era che, le parole di Tamarih lo avessero realmente colpito. Un po’ gli dispiacque per Barbecue, ma Tamarih aveva ragione, quello era il dovere di una mandaloriana e lo stava compiendo al meglio. Però, in qualche modo, quelle parole gli risuonavano come sbagliate.
    “Tamarih, quei crediti possono esserci utili. Per noi, per i Mando Cabure, per rafforzarci e continuare la nostra lotta”
    I due devaroniani si voltarono verso di lui, ma lentamente, sorpresi più dal fatto di sentire qualcuno cercare di inserirsi nella loro discussione che non dalle parole stesse di Derin che, morbide nel tono, forse nemmeno avevano captato. Scosse la testa inizialmente la pilota, rigettando quella possibilità ma Barbecue, ancora serio, si sporse in avanti, i palmi posati sul tavolo, dita artigliate allargate.
    “Tamarih, io sono un pirata, lo sono sempre stato, ma da quando te ne sei andata, da quando hai… cambiato famiglia, sono cambiato. Quello che ci è successo sulla colonia, che è successo alla colonia, è stato per me un momento di flusso ed la mia mano è mutata del tutto.”
    “L’ultima volta che ho controllato, sei sempre un pirata”
    Ribatté seccamente la donna ed il cornuto, fu costretto ad annuire, ma lentamente, senza toglierle gli occhi di dosso, Derin del tutto dimenticato ormai.
    “Lo sono, ma ho cambiato bersagli, sono un pirata con una missione ormai e no, questa missione non è di diventare estremamente ricco per poi ritirarmi su Zelros. I miei bersagli sono ormai esclusivamente trasporti della CSA, sto cercando di vendicare la nostra perdita, la nostra colonia la nostra… gente…”
    Abassarono entrambi lo sguardo ed anche Derin, per una volta, lo distolse, percependo un dolore di fondo, qualcosa di presente fra i due che sparse il disagio nel resto della squadra che si sentì ora, per la prima volta, veramente fuori luogo in quella riunione di famiglia. Un piccolo rumore di una sedia che veniva spostata indietro da Tekk, uno schiarirsi la gola di Shanzi. Rumori di disagio ed imbarazzo che non fecero nulla per alleviare il silenzio fra i due.
    “Sto cercando di dannegiare la CSA e più, di trovare i bastardi maledetti responsabili per la… la distruzione della colonia. Ma io sono da solo, con una nave singola e non posso fare più di tanto, non sono nemmeno sicuro di riuscire a farlo in eterno, giusto un mese fa ci hanno quasi intrappolati. Ma il ricavo da quel tesoro, quello farebbe moltissimo per la causa. Ci permetterebbe di comprare una nuova nave, di corrompere ufficiali, ottenere informazioni, avvicinarci al nostro bersaglio più di quanto non siamo riusciti a fare in anni.”
    Sospirò. Il sorriso ricomparve sulle sue labbra. Voltò la mano sinistra, offrendole il palmo.
    “Che ne dici?... Non per me, non per i soldi ma per… la i tuoi genitori, mia sorella, la vendetta”
    E nuovamente, la voglia di stuzzichini si fece sentire, i busti dei mandaloriani si sporsero in avanti, gli occhi ben aperti, attenti come stessero osservando il momento focale di una battaglia per capire da che parte penderanno le sorti. Secondi interminabili. Poi, lentamente, Tamarih allungò una mano verso quella offerta dallo zio, prendendola.
    “Va bene. Per la vendetta!”
     
    Top
    .
  4. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Le folte giungle di Devaron scorrevano sotto di loro folte e verdi, rigogliose e vitali, piene di animali feroci come i famigerati quarra usati dai Devaroniani nelle esecuzioni capitali. Il pensiero non poteva non andare automaticamente a Dxun, la luna di Onderon dove era stata costruita l’antica fortezza mandaloriana ormai abbandonata da secoli.
    Loro, però, stavano puntando verso le montagne ed un’altra struttura che si sviluppava dalla giungla sulle pendici dei Monti Blu, uno spettacolo di città semi-fortificata, ricostruita dopo la distruzione ad opera dell’Impero di Palpatine. L’aspetto di una fortezza che spuntava da un mare verde, come un castello su di un’isola con costruzioni che di tanto in tanto fanno capolino dalle chiome degli alberi, o le respingono in punti più costruiti come attorno allo spazioporto dove si stavano dirigendo a bordo del loro trasporto leggero catturato a Jax, lasciando nella propria scia onde cangianti di varie sfumature di verde.

    “Dobbiamo contattare e riuscire a convincere quattro persone a cederci i loro pezzi di mappa. Mia zia Ore’teni’siha ed i miei tre zii, Lagna, Mal e Bho”

    Intenta a pilotare il mezzo verso lo spazioporto di Montellian Serat, capitale di Devano, assistita nel compito da Bes’jorhaa, Tamarih stava anche svolgendo una sorta di piccolo briefing di ciò che avrebbero dovuto fare. Derin, seduto dietro le due donne assieme a Tekk, con i due Gemelli in piedi appoggiati agli schienali, ascoltava con attenzione, lasciando questa volta la fase istruttiva e pianificatrice alla devaroniana. Lei era di casa, questa era la sua famiglia, lei aveva tutte le informazioni necessarie per pianificare e svolgere al meglio l’incarico o, quantomeno, ne sapeva decisamente molto più di chiunque altro su quella nave. L’elmo posato sul grembo, il di fatto leader di quella compagnia di Protettori Mandaloriani, osservava ed ascoltava con attenzione le parole della compagna d’arme, assorbendo distrattamente il panorama che scorreva di fronte e sotto di loro.

    “Io…”

    Tamarih si interruppe un attimo, non pareva del tutto convinta di come continuare, cercava evidentemente le parole preferendo dare la sua attenzione al pilotaggio, cosa comunque non facile in quella situazione. File e file di navette ed astronavi di varie dimensioni affollavano i cieli sopra la capitale planetaria in lunghe code che scorrevano, ma lentamente e non proprio ordinatamente. Una visione che a Derin ricordò vagamente il traffico di Coruscant, con la differenza che vedere uno spettacolo simile sopra ai cieli di un pianeta altrimenti selvaggio era… discordante… in maniera affascinante.”

    “… adottata dai Mando’ade, e comunque sono cresciuta in una colonia lontana, un esperimento osteggiato da molti quindi, non è che io conosca poi benissimo mia zia ed i miei zii… a parte Barbecue”

    Derin si affrettò ad annuire avendo chiaramente perso la prima parte del discorso di Tamarih ma cercando di non darlo a vedere. Fallendo miseramente. Fortuna che Tamarih era troppo impegnata a rivangare questioni familiari e cercare un punto in cui infilarsi nel traffico senza andare a creare uno dei peggiori tamponamenti a catena della storia di Devaron. Ma i due gemelli erano molto più attenti. Le loro risatine furono interrotte di colpo dall’occhiataccia di Derin… le risatine, ma non il divertimento ed i sorrisoni che gli rivolsero strafottenti.
    Un sospiro, una leggera scossa di testa.
    Non aveva senso riprenderli in quel momento, o riprenderli in linea generale e nonostante la presa per il culo che stava subendo, anzi, a causa di essa, Derin si concesse un sorriso, riportando l’attenzione su Tamarih, che nel fattempo, aveva ricominciato a parlare, anche se lentamente, laboriosamente, evidentemente faticando a trovare le parole o, semplicemente ad esprimersi, ad esternare quelle relazioni.

    “Zia Ore’teni’siha è… beh, sono molti anni che non la rivedo ed ha visitato una sola volta, ma la ricordo come una persona… particolare. La ricordo piena di consigli sull’arredamento della casa ed economia domestica e richieste di thé e pasticcini. Non aveva minimamente approvato l’impresa di mio padre ed ancor meno che fosse riuscito a trascinarsi appresso mia madre che, nel suo modo di vederla, sarebbe dovuta rimanere su Devaron ad aspettare. Non so come potremmo convincerla se non magari facendo leva sul fatto che in quel modo si leverebbe zio Barbecue di torno il prima possibile?...”

    Incerta, chiuse comunque quel pensiero scuotendo la testa, mettendolo da parte, archiviando la questione “Zia Ore’teni’siha” per quando sarebbe stata inevitabile.

    “Zio Lagna è un mercante e non è esattamente il più avventuroso dei Devaroniani. Esplora si, gira per la galassia, ma sembra che il classico gene dell’avventura sia riuscito a saltarlo a piè pari e cerca di evitare grossi rischi. Magari convincendolo che il pezzo di mappa è pericoloso e pagando, o promettendogli una parte del tesoro lo convinceremo?... Zio Mal è invece l’opposto, un ardito contrabbandiere di principio.”

    Le coordinate di dove inserirsi nel traffico erano state ricevute nel frattempo e la nave stava risalendo lentamente e cautamente verso una delle tante corsie in dirittura verso lo spazioporto. Sicuramente Tamarih, così impegnata, non riuscì a vedere il collettivo aggrottarsi di sopracciglia alla definizione data dell’ultimo zio, ma un così impegnativo muoversi di muscoli doveva aver creato uno spostamento d’aria sufficiente a farle accorgere che qualcosa non andava, che qualcosa in più andava detto.

    “Non è che lo zio Mal abbia degli ideali, ne ha uno solo in realtà, ed è di rompere il più possibile le palle ai governi come modo di stabilire la sua indipendenza e così, anche se potrebbe fare fior di quattrini come mercante perfettamente legittimo, si ostina invece a contrabbandare. Con lui… non so bene come potremmo convincerlo a cederci il suo pezzo… forse…”

    Ma scosse la testa, qualsiasi pensiero le fosse venuto, perso nella scia della manovra che li portò incolonnati e diretti lentamente ma costantemente verso il loro punto di atterraggio.

    “Infine c’è lo zio Boh, il più enigmatico di tutti, non penso che nessuno lo abbia mai capito, o sappia anche cosa realmente faccia. L’unica cosa che si sa è che ha una compagna… no, aspettate… no forse sta cercando una compagna… beh, in ogni caso, sarà qui e potremo parlargli. Magari dopo averci scambiato qualche parola capiremo meglio come convincere anche lui”

    “O potremo semplicemente aprirgli un secondo sorriso e prendercelo”

    Cinque paia di occhi si voltarono verso Shun ed il suo sorriso da Stregatto, allibiti del commento che era riuscito a strappare anche l’attenzione di Tamarih dal traffico aereo.

    “No eh?... Beh, io ci ho…”

    SMACK!

    Lo scapaccione riecheggiò nella cabina di pilotaggio rimbalzando con la testa di Shun contro il sedule a cui era appoggiato e riverberando in maniera soddisfacente fra i mandaloriani riuniti, producendo un cenno di approvazione da parte di Tamarih.

    “Uccidere non sarà la nostra principale strategia, per quanto difficile, dovremo convincerli e no, questo non vuol dire minacciarli”

    Aggiunse Derin con tono finale, lanciando un’occhiata verso la pilota, giusto per avere anche il suo di feedback, per capire se anche lei volesse aggiungere qualcosa ma no, lei ormai era tornata a concentrarsi sul pilotaggio, sul tenere la nave sulla rotta e seguire le indicazioni della torre di controllo verso la loro piattaforma di atterraggio.

    “Non sarà facile e non sono neanche sicura di come ci accoglieranno, ad essere onesta, ma… ma quantomeno voglio provarci”

    Le parole della devaroniana riempirono per un attimo la cabina, prima di svanire, lasciando solo i leggeri mugolii della nave ed il silenzio dei senzienti all’interno, ognuno preso dai propri pensieri, o concentrati sul non parlare.
    Dovevano provarci, Derin non era ancora del tutto sicuro di come sarebbe andata o che fosse una buona idea. Per ora, il pensiero continuo era che fosse semplicemente un altro lavoro per i Protettori Mandaloriani, un incarico mercenario, ma c’era molto di più e se già non sapeva mentire agli altri, non poteva certo mentire a sé stesso. Avrebbe potuto tranquillamente porre il veto su quella missione, direi che no c’entrava nulla con il loro incarico e la loro missione e chiuderla lì, nemmeno andare al rendez-vous con Barbecue. Lo aveva fatto per Tamarih. Stava continuando a farlo per Tamarih, perché nel bene o nel male, era qualcosa di importante per lei e la devaroniana, rimaneva parte della sua squadra. Una sorella. Se per lei era importante, allora lo sarebbe stato anche per lui ed avrebbero visto quell’incarico fino alla fine, quale che fosse stata.
     
    Top
    .
  5. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Piante. Piante ovunque, a perdita d'occhio. Piante che si affollavano da ogni lato e spintonavano con I loro rami, le loro foglie, toccando, sfiorando, impedendo od ostacolando il passaggio della squadra corazzata nonostante I migliori sforzi di Katmn e Derin che con vibrolame, canne di fucili o coltelli normali cercavano di aprire un varco per sé stessi e per il resto dei mando'ade che li seguivano a breve distanza armi in pugno. Tamarih subito dietro, piegata leggermente in avanti come se potesse vedere cosa li aspettava alla fine di quel viaggio, Bes al seguito che rivolgeva qua e là il suo visore ed a seguire Tekk armato di fucile ed a chiudere la colonna I gemelli, insolitamente silenziosi, ammutoliti, sopraffatti e vinti dai rumori della giungla che li assediava da ogni lato. Intimiditi dall'aver trovato per una volta qualcuno, qualcosa di più ciarlero di loro.
    Il silenzio, all'interno del gruppo, era palpabile come I rumori che li martellavano dall'esterno.
    Camminando in testa al gruppo, lottando contro la vegetazione con la costante aspettativa di vedere qualcosa di feroce e zannuto uscirsene da dietro la cortina di foglie per azzannarlo dove l’armatura non lo proteggeva era snervante. Il fucile in pugno e le granate alla cintura, la vibrolama incorporata nell’armatura che di tanto in tanto veniva estratta per ricacciare indietro le attenzioni troppo invadenti di qualche pianta il cui tocco tanto casuale poteva non essere ed il cui succo non era da escludersi potesse essere venefico, sfibrante. Fare da apripista in quell’avventura, con il solo ausilio degli occhi e l’esperienza di Katmn nelle zone selvagge di un pianeta praticamente sconosciuto a chiunque di loro, logorante.
    La somma di quelle esperienze che costituivano la loro escursione nella giungla di Devaron: rinvigorente.
    Derin si sentiva vivo ad essere nuovamente in azione, a dover affinare i suoi sensi già oltre i normalmente alti livelli a cui operavano, vita ed arti suoi e della sua squadra oltre che la missione stessa in ballo. Anche Tamarih, per quanto apparisse tesa, era decisamente più rilassata ora di quanto non l’avesse vista in giorni, sin dalla chiamata con suoi zio, il pirata Barbecue e certamente, molto più di quanto non fossero collettivamente stati al ricevimento di famiglia.


    *********




    Le sale del palazzo in cui erano stati accolti erano decisamente diverse da quanto non si fosse aspettato. Al posto di stanze spartane ed utilitarie, ciò che immaginava fosse la preferenza di una specie costantemente all’avventura, c’erano ambienti raffinati, arredati con veri dipinti al posto di riproduzioni olografiche, alcuni che parevano avere anche qualche secolo, e ciò che pareva come una collezione di trofei e ricordi da miriadi di pianeti. Per quanto Derin non avesse le competenze necessarie per riuscire a comprendere realmente che genere di mente avesse messo assieme tutti quegli oggetti e la ratio dietro l’arrangiamento, appariva evidente che quello fosse una sorta di museo di famiglia. Armi, di ogni tipo, alcune che parevano anche funzionanti nonostante l’evidente età, pezzi di corazze, artefatti da decine di mondi e culture diverse, il tutto inframmezzato a vegetazione da un gran numero di ecosistemi; memorie di secoli di viaggi dei maschi di quella famiglia.
    L'ambiente pareva avere un effetto non meno affascinante su Tamarih stessa che, almeno in linea teorica, era di casa, che non su Derin stesso mentre ben diversa era l’attenzione che Katmn, Tekk, Bes ed i gemelli ponevano su quegli oggetti. Il veterano in armatura marrone ed il nikto parevano molto più attenti agli angoli vuoti, alle piante più grandi ed I tendaggi più pesanti che non agli oggetti in sé che invece attiravano si Bes, Shun e Shanzi, ma solo selettivamente. Ignorati del tutto dipinti e ritratti, se non per quelli che avevano come soggetto battaglie od individui particolarmente perculabili; l’attenzione era tutta per le armi, a cui Bes aggiungeva l’occasionale oggetto di tecnologia studiato meno con l’attenzione di un’archeologa e decisamente più con quella di chi voleva penetrarne e studiarne il funzionamento.
    Uno ad uno, una serie di figure fece il suo ingresso, interrompendo quello studio attento degli artefatti di famiglia. Il primo a fare il suo ingresso, da solo, vestito di una camicia di una tonalità di rosso leggermente più scura della sua pelle, un gilet bianco intarsiato d’oro e pantaloni neri fu un devaroniano di mezz’età dalle corna lucide ed un sorriso timido che decisamente stonava su quel volto dall’apparenza così ‘diabolica’. A seguire, una donna ricoperta di pelo argenteo similmente a come Tamarih lo era, fu un altro devaroniano, il viso pulito se non per un sorrisetto strafottente e soddisfatto di sé, indosso una camicia bianca infilata in pantaloni neri come il lungo cappotto che gli copriva le spalle ed una pistola blaster al fianco.
    L’ultima a fare la sua comparsa, regale nel portamento come nell’espressione degli occhi scuri come buchi neri, una femmina devaroniana alta, più di Tamarih, alta anche secondo gli standard delle femmine di quella specie. Indosso, un abito leggero ma al contempo intricato nelle decorazioni che correvano lungo le maniche a sbuffo e le gambe ampie quasi fossero una gonna separata, uno scollo a V, profondo, che mostrava un corpo ricoperto di un pelo folto e lucido, curato, che lasciava libero solo quel volto arcigno ed aristocratico.

    “Benvenuti”

    Un saluto lasciato cadere dall’alto come il piccolo, quasi spettrale sorrisetto che dedicò loro.

    “E benvenuta a te, Tamarih, nipote mia…”

    Tutto nel modo di fare, di parlare, nella presenza stessa della donna dalla punta della sua testa dal pelo argenteo e ben curato alle suole delle scarpe di pelle nera di evidente pregio ed eccellente fattura era studiato per dimostrare chi fosse in comando; lei.
    Le dimensioni della sala in cui furono ricevuti, la sovrabbondanza di souvenir e cimeli familiari che li circondavano come a prenderli d'assedio costringendoli a ricordare la gloriosa storia del clan che aveva costruito ed abitato quelle stanze era mirato a metterli in soggezione. La posizione degli altri devaroniani presenti, a parte Tamarih, contribuiva al teatrino con due maschi in abiti eleganti ma con una decisa anima utilitaristica che la fiancheggiavano quasi fossero suoi assistenti o servitori, con l'effettiva servitù posizionata strategicamente ad angoli e porte, non immediatamente visibile ma comunque presente e militarmente significatica considerato che il gruppetto di mandaloriani sarebbe stato sotto tiro da parte di ogni singolo servo, discretamente armato di pistole blaster; senza contare eventuali pannelli nascosti.

    "Non sapevo che tu fossi nobiltà aruetiise"

    Ridacchiò Shun sporgendosi verso la vod devaroniana a punzecchiarla come avrebbe fatto con la sorella biologica, da cui fu immediatamente 'punzecchiato' a sua volta con un gomito corazzato fra le costole scoperte, un colpo doloros quanto non letale perfezionato in anni di convinvenza.
    La ragazza, per quanto sempre pronta a rendere amorevolmente difficile la vita di chiunque stesse loro attorno, aveva intuito più facilmente del fratello cazzone quanto l'intero spettacolo avesse effettivamente fatto presa sulla mente di Tamarih. Derin stesso, iniziava a preoccuparsi molto meno della situazione tattica, comunque non particolarmente sfavorevole considerata la fiducia che nutriva nelle capacità proprie e della squadra, focalizzandosi invece sulle condizioni psicologiche della sua pilota.

    "Questa è stata una pessima idea..."

    Accettare quel lavoro, riconnettere la donna con le sue radici biologiche era palesemente stato un errore, qualcosa che non avrebbero dovuto nemmeno tentare di tornare a quella che era stata, ma non era e non doveva più essere la sua famiglia. Lei era mando'ad ora, loro erano la sua famiglia e ricordarle che c'era stato qualcosa prima stava rischiando di farle dimenticare questo fondamentale concetto che stava vedendole scivolare via dagli occhi fissati sulla matrona di quella casa; occhi adoranti e sperduti da cucciola appena adottata. La cosa peggiore, era che la carissima zia se ne stava rendendo conto con l'abilità di un'esperta manipolatrice.

    "Tamarih carissima, non sai la gioia quando ho ricevuto il tuo messaggio, quando ho letto del tuo desiderio di un incontro, di ritornare fra le braccia della tua famiglia..."

    Il sorriso affilato come i canini mostrati era un misto di accoglienza e minaccia, una promessa di quell'abbraccio, di tornare a far parte di qualcosa di più grande di lei, qualcosa di cui lei dovrebbe già essere parte unito alla minaccia di non meglio specificate ripercussioni in caso di rifiuto.

    "... ovviamente, non lo hai detto così apertamente ma un'amorevole zia che ti ha sempre conosciuta sin da bambina sa leggere fra le righe, sa accettare che hai avuto delle... necessità, così come tu sai che noi siamo sempre qui per te"

    Un gesto plateale, un'apertura di braccia ad indicare gli altri devaroniani presenti, la sala, le reliquie, quasi come a dire che un giorno, tutto ciò avrebbe potuto essere suo... se solo avesse accettato di porre il suo sangue a sigillo sulla linea tratteggiata e non leggere troppo attentamente le clausole in piccolo. Lo spettacolo, sembrava avere effetto sulla nipote i cuoi occhi osservavano quella ricchezza di storia, di memorie, di soldi ed opulenza con una liquidità confusa che pareva veramente farci più di un pensierino. Era tempo di intervenire.

    "Tamarih..."

    Una parola sola, un passo verso di lei a farle sentire la propria vicinanza, il supporto che solo un commilitone, un fratello in armi può dare e conoscere, un tono morbido ma fermo, come il pugno di beskar in guanto di pelle di netch di un sergente che richiama la truppa all'ordine dopo una notte di bagordi. Il risultato fu... misto.
    La schiena della pilota si raddrizzò di colpo, sentendo il richiamo all'ordine, lo sguardo si schiarì, non più completamente in pugno della matriarca, ma evidentemente ancora sotto il suo influsso, presa da qualcosa di atavico che rischiava però di scivolare via da un momento all'altro, bruciato dal fuoco delle battaglie combattute a fianco dei suoi vode.
    La matrona del clan doveva intervenire rapidamente e lo sapeva.

    "Mia cara, non credo tu abbia mai conosciuto veramente i tuoi due zii, lascia che te li presenti... lui è Mal, l'avventuroso della famiglia... beh, a parte tua madre, lei era il vero... orgoglio del clan..."

    Un piccolo scivolone da parte della donna che vide riflesso negli occhi ametista della nipote, quel riferimento alla madre, osteggiata ed abbandonata dalla famiglia, ed un sorrisetto sul viso di Derin a puntualizzare l'inciampo della matriarca. Il tempo di fulminare il mandaloriano con lo sguardo, un attimo, prima di muoversi rapidamente avanti e riprendersi.

    "... e qui abbiamo il tuo zio Lagna, che ha girato il Core in lungo ed in largo con i suoi commerci che hanno portato introiti... stabili, alla famiglia ed ora, eccoti qui, con le tue propensioni più... battagliere ed i tuoi contributi... unici, al clan... benvenuta!"

    Piccoli inchini da parte dei due, un sorrisetto scanzonato e sicuro di sé da parte di Mal che tuttavia obbedì alle scelte della matriarca non meno di Lagna che si chinò maggiormente, offrendo alla nipotina un sorriso ben più timido ma comunque affettuoso e che continuava a lanciare occhiate verso Ore'teni'siha come cercandovi una conferma costante di star facendo bene. La zia si era ripresa, nonostante non fosse riuscita del tutto a tenere fuori dal tono la sua disapprovazione per certe cosucce come le scelte di vita di Tamarih... ma si era ripresa ed ora, lasciava alla nipote la palla, pronta a raccogliere i frutti.
    Forse questi erano ancora un po' acerbi, ma certamente erano cresciuti e non erano pochi a giudicare dallo sguardo timido con cui studiava a turno i tre parenti più anziani, passando molto, forse troppo rapidamente oltre la figura di Ore'teni'siha, soffermandosi un po' di più su quelle degli altri due zii. L'esitazione era palese ed in questo, la matrona del clan aveva vinto, riuscendo a mettere la mandaloriana in soggezione, apparentemente incapace di parlare, di esprimere il motivo che l'aveva portata lì e quell'esitazione, francamente, stava iniziando a spazientire Derin.
    Non era degno di un Mando'ad quell'esitazione, non quando per lei avevano messo in ripostiglio tutto ciò che c'era da fare per i Cabure e per i mandaloriani, erano lì per Tamarih ed ora, lei se ne stava zitta a fissare gli zii senza dire nulla.
    Labbra strette e narici dilatate, non era difficile leggere la frustrazione sul viso del Mando, nello sguardo che alternava fra l'espressione soddisfatta della matriarca e quella incerta di Tamarih a cui dopo qualche secondo, si avvicinò di un passo. Un gesto netto che voleva essere di supporto nelle intenzioni del mando, il supporto che può darti un tuo superiore in battaglia però, lo starti accanto, e prenderti a calci in culo quando hai paura di uscire dalla trincea o, in questo caso, una gomitata sulle costole con un tipico STONK di corazza contro corazza.

    "Uhm, grazie... zia... zia Ore'teni'siha... uhm... gra-grazie del benvenuto sono... sono felice di essere qui, davvero, lo sono!"

    E nemmeno lei fu convinta di quelle parole, ma tutto fu perdonato grazie anche agli occhi sgranati da cerbiatto che fissa lo speeder che sta per farne lo stufato delle successive sere.

    "... ma... ecco, noi siamo venuti per chiedere aiuto... perché... ci servirebbe una cosa da voi... da ognuno di voi..."

    Reazioni miste, con Mal che inarcò un sopracciglio in ovvio interesse, Lagna che si rimise, timidamente, alla decisione di Ore'teni'siha che a sua volta, alzò leggermente il mento, senza perdere il sorriso che si fece però più freddo e quasi minaccioso. Lasciò passare qualche secondo, prima di intervenire con un minacciosamente morbido.

    "Dicci pure..."

    La situazione stava in un precario equilibrio fra drammatico e ridicolo, sfiorando e corteggiando entrambi, titillandoli e sfidandoli a venirla a prendere e presto si sarebbero spazientiti. Nel frattempo, a vincere era decisamente il disagio appollaiato sulle loro teste a cavallo di un imbarazzo rampante fissando la scena da assoluto dominatore, ben lieto del silenzio umiliato di Tamarih che fissava sua zia dal basso verso l'alto nonostante la loro altezza in centimetri fosse praticamente la stessa. Laddove la matriarca però si ergeva eretta come un pilastro dominando la scena quasi fosse un titano fra nani, la pilota era dolorsamente sporta in avanti, spalle piegate, apparendo ben più bassa del suo metro e ottanta abondanti.
    Deglutì.
    Esitò ancora.
    Si prese una nuova gomitatada Derin in un gesto che si trasformò fluidamente in un tocco sulla schiena, una leggera pressione, un fermo incoraggiamento a raddrizzare la schiena ed una leggera spinta, fisica, a farsi avanti.
    Avanti.
    Un passo.

    "Siamo venuti per i pezzi della mappa!"

    Diretta, brutale, troppo brutale e decisa, troppa energia dietro le parole, un tono che sfiorava un'aggressività sott'intesa dai canini sguainati. Sconcerto sui volti degli zii, un passo indietro da Lagna, la fronte aggrottata di Mal che abbassò la testa ma nonostante tutto, rispose con un sorrisetto divertito ed un lampo d'ira sul volto di Ori'teni'shia. Se volevano convincerli, la strada non sembrava quella, ma Derin, non poteva che essere fiero di lei e della sua aggressiva decisione nello sparar loro contro la richiesta.

    Edited by MonkeyPython - 21/10/2022, 15:51
     
    Top
    .
  6. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    L’incontro con zia Ore’teni’siha e gli altri due zii, Mal e Lagna era andata meglio del previsto, il nervosismo della pilota non aveva avuto la meglio, anche se aveva minacciato in più punti di farla crollare e lungo tutto l’incontro, Derin aveva messo in dubbio l’intelligenza di quella scelta, di aver permesso quell’incontro, quella missione. Durante tutto l’incontro, il mando’ad si era dannato per non aver posto il veto all’incontro con Barbecue, una distrazione di cui non avevano bisogno con i Mando Cabure da ricostruire, un popolo da riunire e guerre da progettare e portare avanti. A tratti si era visto esiliato con il resto della sua squada, sbattuti fuori a calci, in altri momenti costretto ad uscire con le armi in pugno ed una nuova taglia sulla loro testa collettiva, ma ciò che più lo aveva preoccupato, era stata la pilota devaroniana. Vedere Tamarih così sottomessa laddove non esagerava dal lato opposto parendo quasi di voler strappare la gola della zia a morsi era indegno di un mando'ad, di una sua vod e certamente, Ori'teni'shia aveva sfruttato ogni incertezza e scivolone diplomatico della nipote. Accettare di andare a cercare Boh, disperso nella pericolosa giungla devaroniana, gli aveva fatto quasi tirare la spina su tutta quell’impresa ed ordinare di andarsene, di tornare da dove erano venuti e mandare tutto in malora, ma quell'offerta porta dall'alto dalla matrona del clan, era la loro unica speranza di tirar fuori qualcosa dal viaggio. Il ricordo dell'espressione sul viso di Tamarih quando aveva ricevuto il messaggio da parte di Barbecue, lo aveva finalmente convinto.
    Così si trovavano ora a marciare nella giungla da ore, la possibilità di venir attaccati da un gruppo di quarra selvatici e costantemente assaltati, nel frattempo, da insetti che cercavano fastidiosamente di insinuarsi nelle zone scoperte dall'armatura o sotto alle piastre, tentando di raggiungere morbida carne ma preclusi dal lauto banchetto dagli abiti pesanti che, tuttavia, non facevano che esacerbare il calore che aggiungeva ai tormenti.
    Decisamente aveva fatto la scelta giusta e fu con un sorrisetto nascosto dietro il visore oscurato che si voltò brevemente verso Tamarih.

    “Molla l’osso scellerato o sarai qui sforacchiato!”

    Stranamente, non furono urla di bestie inferocite od affamate a rompere il ‘silenzio’ della giungla, ma un urlo del tutto umanoide che parlava in basic non troppo distante da loro, ma coperto dalla vegetazione. Il pugno di Derin scattò in alto, fermando la squadra poi, la mano si abbassò, seguendo il corpo del mandaloriano che piegò le ginocchia, presto imitato dal resto della squadra prima di tornare ad avanzare silenziosamente, quasi impossibilmente silenziosamente nel caso del caposquadra. Mesi ed anni di allenamento, lo avevano abituato a conoscere la sua armatura ormai, a sfruttarne invece che combattere contro ogni pezzo e giuntura e rumore e si muoveva in essa come un wookie nel suo pelo. Ma anche il resto della squada non se la cavò male, inclusi Shun e Shanzi e Katmn che vennero mandati a fiancheggiare da un lato e dall’altro.
    Quando la vegetazione sparì improvvisamente in una radura in mezzo alla giungla ed a ridosso di una rupe che si innalzava sopra di loro per qualche decina di metri, riuscirono finalmente a vedere il proprietario della voce. Un umano sulla trentina con pantaloni di stoffa grezza, una giacca di pelle ed una pistola blaster pesante in pugno. Altri tre umanoidi, un twi’lek ed una zabrak stavano assieme a lui assieme ad un chadra-fan che sembrava intento a fissare un datapad. La pistola dell’umano era puntata contro una figura più bassa, semi-cornuta, seduta od inginocchiata al cento della radura e vestita di tutto punto. Forse l’uomo che stavano cercando.

    “Armi pronte al mio via… prima proviamo a ragionare però”

    Una frase che non si sarebbe mai aspettato di dover dire ma, erano ospiti su quel pianeta e non voleva mandare tutto a monte sparando prima e parlando poi.

    “Katmn, rimani nascosto a coprirci”

    La prudenza, rimaneva comunque un punto fondamentale e diede l'istruzione sul loro canale privato, abbassando la voce e confidando nella tecnologia perché venisse sentito. Sapeva di poter contare sul nikto, sulla sua affidabilità e sulla sua mira, lui era la scelta migliore ed anche se erano in superiorità numerica, avere un'incognita dalla loro parte non avrebbe fatto male.
    Semplice strategia di base.
    Uscirono finalmente allo scoperto, armi pronte ma non puntate e non si curarono di essere silenziosi questa volta, annunciando chiaramente la loro presenza con fruscii di vegetazione ed acciottolii di sassi calciati. Si mossero in fila, ordinatamente, con l'abitudine di decine e decine di allenamenti ed una manciata di operazioni svolte assieme e la confidenza di una cultura unica che li legava e li rendeva, si, migliori degli altri. Almeno quandi si trattava di combattere.

    “Buongiorno, grazie di aver trovato la persona che stavamo cercando, ora potete andarvene affanculo da dove siete venuti”

    Il saluto spavaldo di Derin, i suoi numeri e le armature mandaloriane sembrarono fare il loro lavoro, vedendo i quattro scattare alle armi, alzarle contro di loro occhi sgranati, sorpresi e confusi inizialmente.

    “Chi cazzo siete, cosa ci fate qui?... Ma soprattutto, pensate veramente che saremo tanto stupidi da andarcene?”

    Pochi secondi erano tanto quanto era bastato per far trovare loro nuovamente la spavalderia ed il perché venne rivelato un attimo dopo dall’umano che si fece avanti.

    “Credete veramente saremmo stati tanto stupidi da non avere un’assicurazione?... Abbiamo due cecchini appostati pronti a sforacchiarvi se farete qualcosa di stupido quindi… perché non seguite il vostro stesso consiglio e ve ne andate… come hai detto… affanculo?... Lontano da qui”

    Ammiccò, un attimo prima che un urlo belluino irrompesse con prepotenza fra i rumori di giungla, punteggiato dal tonfo di un corpo che cade da decine di metri alle spalle dell’uomo.

    “Uno…”

    Fu la semplice risposta, divertita ma allo stesso tempo minacciosa di Derin che approfittò della distrazione per alzare la propria arma come fece il resto del suo gruppo.
    Un secondo urlo seguì al successivo, più prolungato che terminò in un gorgoglio bagnato ed il cadere di un braccio che andò ad unirsi al corpo precedente.

    “Zero…”

    Prima che chiunque altro potesse commentare, uno sparo finalmente si sentì, questa volta alle spalle dei mandaloriani e Katmn emerse dalla vegetazione ma mirando dalla direzione da cui era venuto, esclamando un allarmato semplicemente.

    “Bestie!”

    Ed improvvisamente come quello stallo si era creato, si dissolse con il comparire di ringhi, corna, zanne ed artigli affamati e carichi di voglia di dilaniare quei corpi, corazzati o meno che fossero. Un semplice e rapido sguardo fra i capi dei due schieramenti sancì una tregua temporanea. Un attimo, il tempo di voltare le armi contro il nemico comune poi, tutto andò in merda, e sangue, e dolore.

    Edited by MonkeyPython - 21/10/2022, 15:58
     
    Top
    .
  7. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Un maelstrom di cadaveri, sangue e viscere tutt’attorno a loro in un circolo di morte e devastazione che li sfiorava e di cui erano la colonna sonora con i loro ansiti e grugniti, il sudore di fatica e paura e l’odore che sfuggiva alle armature navigando lungo i rivoli di traspirazione e sangue che li inzuppavano. Quarra e cacciatori di tesori giacevano uno di fianco o sopra all’altro egualmente morti, dilaniati da armi da taglio, colpi di blaster o zanne. Al centro di tutto questo, la calma. L’occhio del ciclone.
    Bho non si era mosso.
    Ancora inginocchiato di fronte a quel cumulo di pietre dove lo avevano trovato, non aveva mosso dito, non sembrava essersi minimamente accorto del vortice di rabbia e sofferenza che gli era turbinato attorno, come se si trovasse su di un altro mondo, od un’altra dimensione.
    Un uomo perso in un viaggio solitario nell’iperspazio, impossibilitato ad accorgersi di quanto sta accadendo a distanze relative vicine, ma nello spazio reale.
    Solo ora Derin riusciva a vederlo per bene ed attraverso la nebbia della fatica che iniziava a diradarsi, distingueva meglio quella figura di un devaroniano di mezz’età, il corno destro spezzato quasi alla base ma il sinistro curato e lucidato quasi maniacalmente, come per compensare per quello mancante. Gli abiti magenta erano un completo che, per quanto Derin se ne intendesse, pareva particolarmente elegante o, quantomeno di ottima fattura e tessuti raffinati, un qualche tipo di seta per giacca e pantaloni, una stoffa non meno pregiata ma più pesante per la cappa nera dai ricami dorati e la fusciacca gialla e stivali di pelle ancora lucida la dove il fango li aveva risparmiati. Man mano che si avvicinavano, girandogli attorno, anche I dettagli del viso si facevano sempre più chiari con guance coperte da una barba corta e nera perfettamente rasata e rifilata, occhi scuri segnati ai lati da rughe che ne denotavano l’età.
    Un uomo in ghingheri, un uomo rimesso a nuovo, un uomo vestito a festa e pronto per un ricevimento.
    Un uomo prostrato.
    Un uomo inginocchiato di fronte a quella pila di pietre che poteva facilmente essere un memoriale per qualcuno o qualcosa e nel raggiungerlo, si resero conto; un uomo armato.
    Teneva una pistola blaster fra le mani, un oggetto decorato che pareva quasi un pezzo da museo ma agli occhi esperti di dei mandaloriani, era evidente come fosse ancora perfettamente funzionante e pronta a far fuoco. Un’arma che, nello scontro appena conclusosi, era rimasta del tutto silente.
    La prima a parlare fu Tamarih, gli altri troppo stanchi, feriti od esitanti per spezzare quel silenzio, quella pace appena ritrovata ed anche Derin sentiva come se stesse disturbando qualcosa. Ma la devaroniana no. Lei era venuta fin lì per un motivo, con una missione e sia lei che I suoi vode avevano sanguinato per essa ed ora che si trovava di fronte alla soluzione, non si fece intimidire dalla scena. Non troppo.

    “Bho… zio…”

    La voce era bassa ed anche lei, per quanto decisa a finire quella storia, pareva esitante ad infrangere quell’aura quasi sacrale che si era creata attorno all’uomo nella sua particolare immobilità. Il vocalizzatore dell’elmo amplificò leggermente la voce della donna ma anche così, era poco sopra un rispettoso mormorio.
    L’uomo, non parve sentire.
    Tre, cinque, otto secondi di silenzio passarono e Tamarih lasciò che fosse il silenzio della giungla a dominarli, anche gli ansiti della squadra iniziavano a scemare col tornare del fiato ma la tensione nel corpo della devaroniana era visibile e sempre maggiore.
    Si avvicinò di un passo, levandosi l’elmo, rivelando la peluria bianca acconciata dietro la testa in quelle treccine che riuscivano a sfuggirgli da sotto l’armatura e gli occhi indaco stretti, tesi come le labbra e fissati sul suo lontano parente sempre più vicino. Un nuovo passo avanti. Allungò la mano destra, liberandola della pistola che ripose nella fondina e rioccupandola un attimo dopo con la spalla dell’altro devaroniano.

    “Zio Bho!”

    La voce più forte questa volta, decisa, priva del timore di poco prima e dell’insicurezza se fosse o meno il caso di disturbare la quiete di quel luogo. Tono come un colpo di blaster, tono di femmina devaroniana, un’arma da usare contro I maschi recalcitranti e troppo farfalloni. Un tono ancora acerbo, ma che pretendeva comunque rispetto o, quantomeno, attenzione e forse per l’insistenza, forse il risuonare di una corda atavica pizzicata dalla voce della femmina, ma parve avere successo. Lo sguardo del devaroniano deviò finalmente dal monumento che stava fissando per posarlo sulla donna alla sua destra.

    “Perché?”

    “Chiedo scusa?”

    La confusione non fu solo di Tamarih, condivisa con l’intera squadra, ma fu lei a dargli voce ed un’espressione, inarcando un folto sopracciglio sperso fra la peluria bianca del viso, poco sopra l’ovale scoperto.

    “Perché siete qui, perché mi avete salvato la vita?”

    Il sospiro della donna riecheggiò nel silenzio che andò a crearsi subito dopo e la sua rabbia e frustrazione furono un degno contrappunto all’apatica e malinconica morbidezza della voce di Bho.

    “Ci ha mandato la famiglia!”

    Una risposta che avrebbe dovuto dire tutto e che forse, per qualcuno che di famiglia ne aveva già persa una solo per iniziare a ritrovarla all’improvviso, voleva dire molto più di quanto le parole indicassero da sole. Il tono secco e frustrato dava un’idea, ma non abbastanza e lei stessa parve rendersene conto perché un attimo dopo riprese a parlare.

    “Siamo qui per conto di zia Ore’teni’siha, mancavi dalla riunione di famiglia e ci ha mandati per vedere che non ti fosse successo qualcosa…”

    Esitò per un attimo, di fronte all’apatia dell’uomo che aveva davanti, aggrottando la fronte, nuova rabbia nella voce riprendendo dopo uno sbuffo.

    “No, non è del tutto vero, ci ha mandati a raccattare il tuo culo apatico dalla foresta per trascinarlo alla riunione di famiglia dove appartiene, queste grossomodo erano le sue parole, il concetto di quello che ci ha detto, ma so anche era preoccupata e veramente voleva controllassimo che tu stessi bene”

    Lo squadrò da capo a piedi per un attimo, controllando se le sue parole, la sua intensità stessero avendo effetto ma, Bho rimaneva enigmatico come sempre, silenzioso, malinconico, come nella stretta di un profondo ennuì, la osservava silenzioso con la coda dell’occhio, come limitandosi ad aspettare che lei si stancasse e semplicemente, se ne andasse.
    Ottenne l’effetto contrario.
    Tamarih ripartì all’assalto con rinnovato vigore, stringendo ora la spalla della giacca su cui aveva posato la mano, tirandola a sé e costringendo l’altro a voltarsi.

    “Senti qui, vuoi veramente sapere perché siamo venuti a cercarti, perché abbiamo salvato il tuo apatico culo rugoso? Perché siamo venuti su questo pianeta assurdo per conto di Barbecue, per raccogliere I pezzi della mappa, quella del tesoro e sai perché?... Perché al contrario del resto di questa famiglia di merda in cui sono nata, lui non si fa solo I cazzi suoi e non si limita a dare ordini da un trono dorato aspettandosi che gli altri saltino. Mentre voi vi siete ficcati in culo quelle fottute tesserine del puzzle per vedere se riuscite a godere almeno di qualcosa, lui è li fuori che combatte contro I Corporativi che hanno sterminato mia madre… tua sorella! So che non te ne frega un cazzo di nulla, ma a me interesserebbe avere un po’ di vendetta quindi…”

    “Era il nostro anniversario…”

    Le calme, leggere parole di Bho tagliarono il tono crescente di intensa rabbia di Tamarih, come uno scoglio che taglia le onde con la sua quieta immobilità. Gli occhi della devaroniana si sgranarono e quelli del resto della squadra si voltarono verso I due, anche Katmn, intento a guardarsi attorno come avesse visto qualcosa di preoccupante, si voltò per un paio di secondi mentre Bes e Derin si scambiarono uno sguardo la cui confusione, per loro, era evidente anche dietro il visore.

    “… come scusa?”

    “Era il nostro anniversario, mio e di Fyra, mia moglie… è il nostro anniversario, oggi… avremmo festeggiato vent’anni… se quel giorno non avessi deciso di portarla a festeggiare esplorando la giungla.”

    Il silenzio era calato nuovamente, interrotto solo dai richiami di animali che continuavano costantemente a contribuire al coro cacofonico attorno a loro, ma nessuno parlava, l’attenzione anche solo parziale di tutti, era sull’uomo che finalmente aveva iniziato a parlare.

    “Ero sicuro sarebbe stata un’ottima idea, un’avventura romantica… Fyra era una bravissima amministratrice, ma avrei tanto voluto portarla con me in almeno un’avventura e così, avevo organizzato questa… l’avevo convinta con la scusa di cercare ingredienti particolari per la nostra cena di anniversario e penso più per evitare le mie insistenze che altro, lei mi seguì.”

    Chinò il capo, come contrito, ma lo sguardo, a chi lo stava fissando, era evidentemente calato nuovamente sulla pistola, quel piccolo pezzo d’arte.

    “L’ho attirata verso la sua morte e non ho saputo difenderla da essa quando siamo stati aggrediti da una coppia di Quarra, io mi sono salvato a malapena ma lei… lei non era abituata a combattere, a cavarsela per il rotto della cuffia e… qui è dove è successo… qui è dove era giusto che anche io morissi, oggi e mi riunissi a lei. Ma siete intervenuti voi. Mi avete salvato. Perché?”

    Il tono lento, malinconico, quasi apatico domandava comunque attenzione, anche solo per riuscire a sentire e capire ciò che diceva attraverso i rumori della giungla, i richiami degli uccelli, i bassi ringhi dei Quarra in caccia… Quelli che avevano appena ucciso non erano certo gli unici ed ora, l’odore dei cadaveri, il rumore della sparatoria aveva attirato l’attenzione su di loro e tutti lo sapevano, ma non riuscivano comunque a distogliere l’attenzione da Bho. Tutti aspettavano la risposta di Tamarih che non si fece attendere, focalizzata sulla missione, lo sguardo intenso come sempre, ma la rabbia già sensibilmente minore.

    “Perché?... Te l’ho appena detto perché, ci serve quel pezzo di puzzle, ora, se vuoi cortesemente seguirci, potrai tornare qui a morire quando vuoi.”

    “Perché non mi avete semplicemente lasciato morire?”

    Silenzio… effettivamente, sarebbe stato molto più semplice lasciarlo sventrare dai quarra ed intervenire dopo a recuperare ciò di cui avevano bisogno e la domanda, la calma del tono, contribuirono ad attenuare ancora l’ira di Tamarih che si stava ormai calmando. Ma non perdeva di vista l’obiettivo.

    “Perché Ore’teni’siha ce l’ha richiesto e noi portiamo a termine i nostri incarichi”

    “Capisco… ma non hai detto che state facendo tutto per Barbecue e la sua vendetta in realtà?”

    Dietro la calma insistente e triste di Bho, c’era in realtà un cervello che solo ora stava iniziando a mostrarsi essere ancora in attività e Tamarih, stava decisamente ascoltando, assottigliando lo sguardo ed ascoltando con attenzione, nonostante i ringhi dei quarra iniziassero a farsi sempre più vicini.

    “Io voglio morire, voglio raggiungere Fyra e per farlo nel modo giusto, è qui ed oggi che deve succedere, devo rimanere qui, ucciso dai quarra, assieme a lei. Questa è l’unica cosa che voglio fare, l’unica che desidero e del resto, non mi interessa nulla.”
    Sospirò
    “Se volete la tessera, se veramente la causa di Barbecue è valida allora ecco…”

    Infilò la sinistra nella tasca interna della giacca, estraendo uno strano cristallo di forma irregolare, iridescente, che catturava e rifrangeva la luce che filtrava fa il fogliame, tendendolo ora a Tamarih.

    “Se lo volete, eccolo, potete accettarlo ora o prenderlo dal mio cadavere, l’unica cosa che vi chiedo è, per favore, rispettate i miei desideri come quelli di Barbecue. Fyra era l’unica persona che mi era veramente stata vicina, più di tutta questa dannata famiglia ed è giusto che io muoia come lei e che con lei giaccia, come avrei dovuto fare quel giorno di vent’anni fa. Questo è tutto ciò che chiedo. Ora sta a voi… a te Tamarih, decidere quali desideri rispettare.”

    Il silenzio che seguì fu palpabile e per un attimo, sicuramente un’illusione, anche la giungla parve tacere poi, infine, con un gesto rapido e deciso, le labbra strette di frustrazione, Tamarih allungò la mano prendendo quel cristallo ed infilandoselo in una sacchetta alla cintura. Non disse nulla, si limitò a fissare lo zio e per un attimo, una sorta di intesa parve passare fra di loro prima che lei si voltasse con un gesto deciso, infilandosi l’elmo ed estraendo nuovamente la pistola, muovendosi con un semplice.

    “Andiamo”

    Un rapido cenno di capo di Derin confermò l’ordine della devaroniana che comunque, tutti, istintivamente, erano mossi a seguire e si allontanarono da quel luogo, addentrandosi nuovamente nella giungla. Nessuno parlò sulla via del ritorno, nessuno commentò i ruggiti dei quarra od il singolo colpo di pistola blaster che sentirono alle loro spalle.
     
    Top
    .
  8. MonkeyPython
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    “Dunque, dov’è?”

    Le parole altezzose, il portamento aristocratico di Ore’teni’siha accolse il loro ritorno dalla missione ma, contrariamente al loro primo incontro, Tamarih le affrontò a testa alta, con una decisione che, nonostante l’intensità, non sembrava mai aver avuto.

    “Dove ha scelto di essere. Siamo tornati, lo abbiamo trovato, ora sta a voi fare la vostra parte e consegnarci i pezzi della mappa.”

    La devaroniana più matura sembrò colta di sorpresa, irrigidendosi per un attimo, evidentemente non abituata a sentirsi rispondere con quel genere di tono ed ad aggiungere all’insulto, la mano destra di Tamarih si allungò, richiedendo fisicamente il loro pagamento. La zia si schiarì la voce e mostrò i canini appuntiti.

    “Vi avevo chiesto di riportarlo, non lo avete fatto dunque, non avrete i pezzi della mappa e tu, Tamarih, hai deluso la tua famiglia.”

    Questo era quanto, la sentenza della matriarca del clan con cui li rimandava da dove erano venuti con la coda fra le gambe. Almeno, questo nelle intenzioni della donna, perché sua nipote non parve intenzionata a smuoversi ed anche il resto dei mandaloriani rimase fermo dov’era, braccia incrociate, studiando la situazione almeno con la stessa intensità con cui gli altri devaroniani stavano osservando lo scambio.

    “No”

    Di nuovo quel diniego, secco, deciso, altrettanto una sentenza quando le parole stesse a cui rispondevano e di nuovo, sorpresa ora mista ad irritazione a quel continuo venir contrastata.

    “No Ore’teni’siha.”
    Niente ‘zia’, questa volta.

    “No, io non ho deluso la mia famiglia, e la mia famiglia non ha deluso me. Io ho sempre combattuto al loro fianco e quando ne ho avuto bisogno, loro ci sono stati per me, anche se non avevano nulla da guadagnarci e tutto da perdere.”

    Non si mosse, non spostò lo sguardo dal viso, dagli occhi scuri della donna più anziana, più abituata a comandare, ma era ovvio che non era lei, non erano gli altri devaroniani presenti od il clan che aveva abitato quelle sale per generazioni a cui si stava riferendo. Piuttosto, erano i mandaloriani dietro di lei, alcuni dei quali avevano inclinato leggermente il capo, altri offerto un piccolo cenno, qualche sorriso più o meno grande come quello sui volti dei gemelli.

    “Voi. Voi per me non avete fatto nulla. Non ci siete stati mai quando sono cresciuta, non ci siete stati quando Barbecue e mia madre, vostro fratello e vostra sorella avevano bisogno di assistenza, quando la loro vita stessa era in pericolo. Non ci siete stati quando mio padre ed i suoi amici hanno deciso di fondare una nuova colonia, di andarsene ed espandere ulteriormente la vostra cultura, la vostra famiglia. Voi non c’eravate. Ne avete beneficiato certo, in visibilità, nel commercio i cui profitti condividevano con voi ma non avete mai approvato, non avete mai aiutato e men che meno quando i Corporativi ci hanno attaccati. Quando veramente ne avevamo bisogno, voi ve ne siete rimasti qui a girarvi i pollici, a piacere, sicuro, la grande tragedia ma l’unico che si è mosso, che ha messo ha rischiato per noi, per la sua famiglia è stato Barbecue e per questo, voi lo avete di fatto esiliato. Ma del resto, cosa cazzo ne potete sapere voi di quello che è successo, di quello che abbiamo passato, del terrore di giorni a nasconderci in cantine, poi foreste e caverne, non sapendo se quella notte avrebbe portato un minimo di sonno e riposo, bestie feroci ed affamate, o le granate e blaster dei corporativi decisi a spazzarci via fino all’ultimo!”

    Rabbia e dolore riversati come un fiume in piena contro la matriarca, contro colei che si diceva sua zia e che l’aveva accolta con tanta aristocratica alterigia. Fiumi di memorie e sofferenze che Derin nemmeno sospettava ci fossero stati. Aveva letto, si, la scheda di Tamarih ed aveva sentito qualche storia ma non sospettava quanto fosse ancora aperta e sanguinante quella ferita ed ora, quel sangue stava piovendo su Ore’teni’siha ed il resto dei devaroniani riuniti.

    “No, voi non c’eravate, non potete e non avete mai voluto sapere così come non ci siete nemmeno stati per Bho il cui dolore, sono sicura, avete ignorato tanto quanto il nostro e per cui oggi, di tutti i giorni, non ci siete stati. No.”

    Scosse la testa, sbuffando dalle narici ed aprendo le labbra in un ghigno che mostrava chiaramente i canini, rispondendo all’espressione di semi-aggressività della zia.

    “Piuttosto, avete scelto di mandare dei mercenari ed ora è come tali che ci presentiamo qui e, le tue parole erano state… andate e trovatelo. Beh, noi lo abbiamo trovato, in attesa, alla ricerca della morte sulla tomba di sua moglie, il suo ultimo desiderio che noi abbiamo esaudito, perché qualsiasi cosa possa aver fatto, aveva comunque diritto a scegliere la sua morte. Quindi, te lo ripeto. Abbiamo compiuto la missione. Ora paga, o come i mercenari che siamo, ci prenderemo il nostro pagamento e voi potrete tranquillamente andarvene tutti affanculo dove meritate id essere.”

    I canini esposti, il colore scarlatto della pelle ora reso violaceo dalla rabbia, quasi tumefatto, Ore’teni’siha aveva perso ogni forma di dignità e pareva essere tornata ad uno stato più ferale, pareva pronta a colpire Tamarih con le sue stesse mani. Improvvisamente, un braccio si interpose fra loro due, non un gesto pacificatore, non apertamente, ma una mano, che andò a lasciare qualcosa sul palmo aperto di Tamarih; un piccolo cristallo iridescente di forma irregolare. Un sorriso triste, un po’ imbarazzato sul viso di Lagna che annuì, mormorando appena un.

    “Buona fortuna”

    Prima di ritirarsi.
    Pochi secondi dopo e prima che la matriarca potesse superare lo stordimento della sorpresa, anche Mal si fece avanti, imitando il gesto del fratello, lasciando il suo pezzo di mappa con un sorrisetto sbilenco ed un occhiolino.

    “Ben fatto ragazza, e saluta quel vecchio bastardo di Barbecue”

    Prima di ritrarsi con una chiara occhiata di sfida nei confronti della sorella maggiore che continuava a fissare tutti con un’espressione fra l’infuriato e l’attonito che pareva ormai scolpita sul suo viso. Tamarih non disse nulla. Ricambiati i cenni dei due, con un sorrisetto strafottente ora in viso, continuava a fissare la zia, aspettando, apertamente calma ma, tesa e per chi aveva occhi per vedere, pronta alla violenza.
    Per una volta, non ve ne fu però bisogno. Pur con rabbia ed evidentemente riluttante, il pezzo di Ore’teni’siha venne estratto e sbattuto malamente sul palmo offerto di Tamarih.

    “Ecco, avete avuto il vostro pagamento, ora lasciate questa dimora ancestrale e non vi fate mai più ritorno!”

    Il sorrisetto trionfale di Tamarih parve dire ‘con piacere’. Non annuì nemmeno, si limitò a stringere i cristalli in mano, voltarsi e, dando le spalle alla matriarca, allontanarsi, seguita a ruota dal resto della squadra e Derin, che le si affiancò. Lasciò che fosse il silenzio, il semplice rumore dei passi ad accompagnarli verso l’uscita e solo allora, finalmente, parlò.

    “Grazie”

    Una semplice parola che esprimeva la gratitudine per le parole, per i sentimenti espressi dalla donna, per quella fratellanza dichiarata, l’essere di una banda di mercenari, l’essere realmente una famiglia e pronti a sostenersi a prescindere da ciò di cui c’era bisogno al momento. Anche questo era dovere, in un certo senso e, certamente, era altrettanto importante che svolgere sempre lavori direttamente utili ai Mando Cabure, al clan od al popolo, perché esserci per la propria squadra, per la famiglia, era tutto ciò assieme, e più.
    Ora, era tempo di tornare da Barbecue, consegnare i pezzi e vedere come sarebbe andata avanti la faccenda perché, salvo tradimenti da parte del vecchio pirata devaroniano, ormai l'intera storia lo aveva stuzzicato. Poi, anche solo una parte del tesoro promesso avrebbe certamente fatto comodo alla sua squadra ed ai Cabure.

    FINE (?)



    Edited by MonkeyPython - 21/10/2022, 16:00
     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Admin
    Posts
    23,520
    Reputation
    +143
    Location
    Feltre

    Status
    Online
    aderenza e caratterizzazione: 9
    qualità: 10
    crescita: 12
    ortografia: //
    coerenza: //
    fattore: x1.2
    tot: 37
     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Admin
    Posts
    23,520
    Reputation
    +143
    Location
    Feltre

    Status
    Online
    -la pertinenza alla traccia: 9/10
    -la qualità del post: 9/10
    -la creatività: 8/10
    -la crescita del pg: 7/10

    TOT____ 33
     
    Top
    .
9 replies since 23/8/2022, 10:44   121 views
  Share  
.