New Star Wars Gdr

Posts written by Balenuvola

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    Ashara sedeva su una panca all'interno della buia e fumosa taverna hutt, chiusa in una ingombrante, rovinata tuta spaziale della quale teneva il casco, dalla visiera simile a una fessura, posato sopra le gambe insieme a una spada dall'elsa finemente decorata. Portava un mantello scuro sdrucito con il cappuccio alzato sul capo e un lembo di stoffa tirato a nasconderle il viso sotto gli occhi chiari e corrucciati. Aveva un'espressione semidisgustata ma anche rassegnata, sotto la stoffa. Notò la miraluka entrare e si alzò di malavoglia per raggiungerla, mettendosi il casco sotto il braccio destro e prendendo il fodero della spada con la mano destra, che come la sinistra era coperta di appuntite scaglie ossee. Aveva una pistola in buone condizioni in una fondina agganciata alla cintura sul fianco sinistro.

    Si fermò dietro la visione, della quale non poteva immaginare l'esistenza, e toccò per due volte con la punta dell'indice sinistro lo schienale della panca sulla quale Arochela vedeva seduta la sua macabra interlocutrice, dando l'impressione di trapassarla. Alta ma non troppo, la sith sembrava robusta, anche se forse solo a causa della tuta. Attese che la miraluka chiudesse la "comunicazione", per poi esordire in basic, con una voce femminile ma piuttosto profonda e un forte accento straniero dal suono molto duro «Sono Maris» mentì, anche perché aveva precedentemente dato quel nome falso all'altra «Sei tu il committente?» chiese, per poi guardarsi intorno con circospezione.
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    Ashara si voltò verso i bambini con un'espressione gelida dipinta in volto e le mani tanto strette intorno all'elsa della sua spada da far scricchiolare le scaglie d'osso che le proteggevano le dita. Posò i suoi occhi gialli sul più coraggioso del gruppo, che le si stava avvicinando con aria minacciosa «Colpisci, piccolo animale stupido. Colpisci... e muori» sibilò, con voce profonda e un tono vagamente invitante viziato da un accento pesantissimo - qualunque concezione di onore le fosse stata inculcata a Dostun, non aveva sicuramente nulla a che fare con lo scegliere soltanto avversari degni e con il rispetto della vita degli innocenti.

    L'ordine di Thanen, per qualche ragione, sembrò rilassarla. Si voltò verso il chiss sotto mentite spoglie [sith] «A Dostun, apprendisti massassi della loro patetica statura sarebbero stati appesi per i piedi e bastonati, per un comportamento del genere» fece notare, con aria di superiorità [sith] «I barbari non addestrano affatto i loro piccoli... i quali non hanno cicatrici e si comportano come bestie da macello» sbuffò. Sembrava piuttosto orgogliosa dell'educazione - se così si poteva chiamare - che aveva ricevuto. Lasciò perdere i bambini per concentrarsi finalmente sulla richiesta che Duine le aveva fatto poco prima e che non aveva la minima intenzione di ignorare [sith] «Dostun è la legittima capitale di Qoritjor Qo, ma da molto tempo ormai il suo consiglio ha perso la fedeltà dei kissai degli altri insediamenti. La guerra iniziò quando i primi traditori rapirono alcuni dei pochi zuguruk che si trovavano sul pianeta e... non finì più, per millenni, anche dopo che l'ultimo zuguruk morì avvelenato. Con il... il declino...» pronunciò quel termine con molta esitazione, come se fosse una parola proibita, poi si guardò intorno spaventata, quasi temesse che i kissai che vietavano di pronunciarla a Dostun potessero apparire dal nulla per punirla, prima di riprendere [sith] «Con il declino, i kissai hanno avuto sempre più difficoltà a mantenersi uniti... e le città più lontane sono diventate impossibili da raggiungere. Una ad una, tutte le città, fino alle più vicine, hanno finito per tradire Dostun... continuiamo a combattere contro i traditori, ma non otterremo mai vittoria su tutti loro» emise un debole ringhio di frustrazione [sith] «Non sono una traditrice, non ho paura... ma devo riuscire a riportare le conoscenze perdute a Dostun... o trovare un altro modo per... arrestare il declino» mostrare a un kissai di mettere in dubbio le parole di altri kissai non era quasi mai una mossa giusta, di norma, ma anche ostentare una cieca obbedienza verso sith che il suo interlocutore non conosceva affatto avrebbe potuto crearle grossi problemi.

    Assunse la posizione di combattimento, cercando di reprimere le preoccupazioni che le affollavano la mente. Alzò l'elsa di fianco al capo di nuovo e portò un poco più avanti di prima il piede destro, tenendo le ginocchia piegate. Spostò il peso da un piede all'altro qualche volta mentre fissava il proprio bersaglio. Ridusse il ritmo del suo respiro, tentando di convertire la propria paura in rabbia e di raffreddare poi anche quest'ultima. Immaginò che il pezzo di nerf bucherellato fosse un jidai, in grado di tagliarle la spada di netto con la propria lama di luce. Non avrebbe potuto sbagliare, con un jidai, né permettergli il lusso di un estremo, letale, gesto. Espirò profondamente e immaginò di infilzare il collo del suo nemico, mentre si lanciava verso il suo "nemico" e lo trafiggeva esattamente nel punto che aveva immaginato. Schiuse le labbra, ma si accorse di un errore: aveva tenuto la lama perpendicolare al suolo, mentre avrebbe dovuto tenerla parallela, dal momento che gli umanoidi tendevano ad avere teste ossute. Estrasse la lama e arricciò le labbra. Sbatté le ciglia qualche volta, prima di rimettersi in posizione.
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    Lanciò ai bambini chiassosi, che era certa ridessero di lei, uno sguardo obliquo e risentito: non le sarebbe dispiaciuto farli immediatamente a pezzi, ma si chiese se sarebbe stato saggio; la stavano "aiutando", in fondo. Sapeva controllare la rabbia, ovviamente, e sapeva anche come usarla per aumentare la propria efficacia in combattimento; era infatti convinta che la rabbia, dando ai guerrieri un reale desiderio di uccidere, li rendesse più forti. Certo, in quel momento stava combattendo contro un "avversario" già morto, ma non le sarebbe stato poi troppo difficile immaginare che così non fosse: l'immaginazione non le era mai mancata. Strinse forte le dita intorno all'elsa della spada. Ashara pensò che un guerriero che non potesse provare rabbia probabilmente sarebbe stato molto più forte di uno che non fosse in grado di gestirla, almeno in un duello, ma non potendo combattere le stesse battaglie dei sith sarebbe sicuramente divenuto, con il tempo, qualcosa di simile a un jidai: un essere senza ambizioni né desideri propri, né reali obiettivi se non quello di impedire ai sith di raggiungere i loro. La sith era stata felice di scoprire che la galassia non avesse più avuto notizie dei jidai da anni, anche se si rendeva perfettamente conto, data la sua situazione, che questo non bastava a provare che fossero effettivamente scomparsi.

    Riprese la posizione, con movimenti fluidi, per fermarsi del tutto nel momento in cui Duine rispose. Rifletté brevemente sulle parole del falso sith, prima di rispondere, con tono rispettoso [sith] «Forse. I nostri kissai conoscono ancora le magie antiche, ma certo anche voi non le avrete dimenticate...» impallidì leggermente [sith] «Ho visto un kissai controllare la mente di un traditore che dubitava del suo potere e costringerlo a trafiggersi con un pugnale... ripetutamente, prima che morisse...» raccontò [sith] «Ma coloro che conoscono i segreti arcani non sembrano più riuscire a trovare alcun vero interesse per le macchine, nemmeno per quelle che potrebbero aiutare la loro magia... le considerano da meno. Solo con gli zuguruk al loro fianco i kissai saprebbero renderci nuovamente forti come un tempo. Io spero di non offendervi, chiedendovi se siete uno zuguruk o un kissai...» azzardò, finalmente.

    Un cercatore di conoscenza? Esibì un lentissimo cenno di assenso, per nascondere una certa frustrazione; nonostante fosse abituata agli inganni e alle mezze verità dei kissai, Duine non sembrava volerle dare la minima soddisfazione [sith] «La magia non mi è mai stata insegnata, sono una massassi... ma conosco ciò che serve per combattere, se può interessarvi» ammise.

    Cercava di immaginare che il vociare dei bambini fosse il rumore di una battaglia e che il pezzo di nerf appeso al soffitto fosse un nemico. Inspirò profondamente e alzò nuovamente la spada di fianco al suo capo, per poi piegare un poco di più le ginocchia. Fessurò gli occhi, per poi aprirli. Si sgranchì il collo. I bambini le stavano facendo il verso e, quasi sicuramente, la stavano prendendo in giro, ma non le importava. Emise un basso ringhio, prima di fissare il punto che avrebbe voluto colpire e lanciarsi verso di esso. Era quasi arrivata, quando un piccolo aliante fatto con l'involucro di una barretta energetica le colpì la spalla e la distrasse abbastanza da farle mancare il colpo, sebbene di poco. Si era ritrovata a tentare di colpire, quasi d'istinto, un immaginario nemico immediatamente alla sua destra, che nella furia della battaglia aveva cercato di prenderla alle spalle. Fuori di metafora, forse Duine o un bambino con un coltello in mano. Aggrottò la fronte e sibilò tra i denti. I ragazzini barbari stavano mettendo alla prova la sua concentrazione e il fatto stesso che ci stessero riuscendo significava che qualcos'altro la turbava e quel qualcosa dovevano essere i suoi residui dubbi su Duine. Cosa mai avrebbe voluto sapere da lei? La posizione di Qoritjor Qo, probabilmente. Schiacciò l'aereo di carta, che era caduto a terra, sotto il piede sinistro.
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    "Nessuno uccide nessuno" - quello che la grande guerriera quarren stava dicendo non faceva per nulla piacere ad Ashara, perché la vendetta sull'indegno vigliacco che l'aveva colpita a tradimento richiedeva necessariamente che la barbara lo eliminasse fisicamente, magari mentre implorava pateticamente pietà «Pugno... meglio di morte?» rantolò spaventata, non capendo perché la quarren volesse prenderla a pugni invece di darle subito il colpo di grazia; forse non la considerava degna? Che i due cecchini fossero d'accordo dall'inizio? No, impossibile, l'altra non sembrava volerla uccidere, anzi ora stava cercando un medico per lei, cosa che il grosso barbaro con quattro braccia sorprendentemente era o diceva di essere. L'altra voleva forse darle un pugno nello stomaco e poi prenderla prigioniera? Nello stato di semiveglia in cui si trovava, decise che doveva essere così. Non arrivò nessun pugno, ma il besalisk la prese e se la rigirò tra le manone come la pasta di un grande pane piatto. Sgranò gli occhi e, nonostante volesse ancora sembrare stoica, si lasciò sfuggire qualche gemito di dolore. I due volevano torturarla? «Gh... attento... barbaro montagna...» voleva suonare minacciosa, ma riuscì solo a apparire dolorante. E quando l'omone partì verso l'ospedale, trasalì, presa da una terribile preoccupazione [sith] «Spada» disse in sith, per poi chiudere gli occhi e raccogliere tutto il fiato che aveva per alzare la voce, stavolta in basic «Spada!» disperata. Se Doris non aveva intenzione di usare la sua spada per vincere, l'avrebbe voluta indietro, anche se probabilmente la quarren non avrebbe più voluto restituirgliela, ora che l'aveva presa prigioniera. Perse i sensi qualche passo di besalisk più tardi.
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    Una volta che fu riuscito a convincere Ashara di essere un suo simile, Thanen non ebbe alcuna difficoltà a farsi passare per un suo superiore: il suo fare altezzoso e misterioso era bastato a portare Ashara a sospettare che facesse parte di una delle due caste più alte, anche perché non ce n'erano di inferiori. La sith considerava i kissai geniali manipolatori pieni di segreti e, pur non avendo mai incontrato uno zuguruk, sospettava che, in quanto custodi di tecnologie a lei incomprensibili e costruttori di infidi labirinti magici, non potessero avere una mente meno contorta; nella sua esperienza, i superiori erano sempre misteriosi. Il familiare comportamento di Duine la spingeva a pensare di essere entrata in piani molto più grandi e complessi di quelli che aveva avuto prima di incontrarlo, cosa che per il momento non le dispiaceva troppo; si stava quasi sentendo a casa.

    Si impettì con aria orgogliosa, anche se il suo ultimo colpo non era stato granché, per poi rimettersi per la terza volta in posizione. Sbirciò i quattro rumorosi spettatori con sguardo rabbioso, ma si rese conto da come si muovevano che non dovevano avere l'addestramento necessario per poter imparare qualcosa da quello che stava facendo. Aggrottò la fronte, ora solo seccata «Troppo rumore...» sentenziò, con voce piuttosto profonda e in un basic viziato da un forte accento sith. Si voltò verso Thanen di scatto, quando udì la sua domanda [sith] «Sì... ma i kissai di Dostun non pensavano che ci fossero altri pianeti abitati da sith. Credevano - e lo credevo anch'io - che al nostro popolo fosse rimasto solo Qoritjor Qo. Io ora penso che la conoscenza che credevano perduta potrebbe non essere mai stata effettivamente persa... sul vostro pianeta» rispose.

    Si sgranchì il collo e riprese del tutto la posizione, che aveva rilassato un po' mentre spostava il capo per rivolgere lo sguardo prima verso Thanen e poi verso i quattro umanoidi. Puntò di nuovo la punta della lama verso il pezzo di carne appeso al soffitto, dopo aver alzato l'elsa sul lato sinistro del capo, invece che sul lato destro, essendo mancina come la maggior parte dei sith. Teneva l'impugnatura con entrambe le mani, la destra avanti, e fissava un punto preciso del suo semicongelato obiettivo, immaginando che potesse essere il petto di un nemico. Allineò l'arma al punto che voleva colpire e non fece alcuna finta, stavolta. Si lanciò in avanti e affondò la lama con forza nel pezzo di carne, ma non riuscì a colpire il punto esatto che aveva immaginato: sbagliò di molto poco, ma di quanto bastava per fallire. Mostrò i denti gialli e un po' appuntiti in un ringhio pieno di disappunto [sith] «No... impreciso! Imperfetto... posso fare di meglio» e forse a Duine sarebbe sembrato curioso che il termine "imperfetto" in lingua sith si potesse anche tradurre in basic con "non sith".
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    Il lato positivo dei colpi di blaster è che tendono a cauterizzare le ferite che infliggono; il lato negativo è che, dal momento che sono estremamente caldi, creano lesioni interne molto peggiori di quelle che potrebbe causare un proiettile di metallo. La robusta sith era sopravvissuta all'errore del suo ormai ex capo e non stava perdendo sangue, ma ovviamente non era fuori pericolo.

    Ashara non stava pensando a queste cose, certo, perché il dolore era tale da permetterle soltanto di pensare a confortarsi, anche se naturalmente a modo suo: si stava infatti limitando ad immaginare sprazzi di una morte onorevole per mano di quella guerriera barbara della quale ormai il suo subconscio ingigantiva le qualità e ipotizzava un passato e un futuro di grandi imprese; in fondo, la massassi aveva un disperato bisogno di credere di aver perso per meriti della quarren, più che per demeriti suoi e di quel mai abbastanza maledetto cacciatore di taglie con il fucile. Si convinse che la quarren potesse essere potente abbastanza da uccidere anche l'idiota che le aveva sparato per errore... e forse anche l'hutt che quell'idiota l'aveva assunto come tiratore e aveva relegato invece una massassi come lei al ruolo di carne da macello. Magari li avrebbe uccisi entrambi con la sua spada.

    Ashara chiuse gli occhi e cercò di sorridere, perché una delle sue leggende sith preferite raccontava di un forte massassi che anticamente era morto sorridendo, ma non le riuscì di fare un sorriso minimamente convincente e le venne soltanto una smorfia di dolore un po' più strana della precedente. Non ebbe modo di accorgersi che il suo sorriso non era credibile, mentre attendeva e immaginava il colpo di grazia della barbara. Riaprì gli occhi solo quando sentì la manona del besalisk e quella di Doris posarsi sul palmo della sua coriacea mano destra, vagamente simile al guanto di una corazza. Cosa stava succedendo? Chi era e da dove era arrivato l'altro barbaro? Aveva dormito? Quanto tempo era passato? Udì una voce femminile, che non le sembrò quella di Doris, rivolgersi a qualcuno. Si accorse che stava rantolando, quindi cercò di regolarizzare il respiro, temendo che altrimenti non sarebbe più riuscita a parlare prima di perdere conoscenza. Serrò le labbra e tentò di formare qualche protesta, ma muovere la bocca le risultò difficile. Aveva molta sete.

    Gli occhi gialli della ormai più rosa che rossa sith sbirciarono la mano del besalisk e poi il suo volto «La guerra... io... so soltanto... la guerra...» la voce prima profonda si era fatta flebile. Cercò lo sguardo della quarren «Grande guerriera tu... vittoriosa... onora me. Puoi vincere tu... su lui. Usa tuo fucile... e mia spada...» fece una pausa per prendere fiato «Non tutti... barbari... uguali... tu meglio di lui e di... grasso hutt con i crediti e il cuore di crediti. Cuore di crediti anch'io prima... venduta a hutt per vivere, ma ora... resta onore. Ricorda tu... forte Ashara? Forte...» strinse la mano dell'altra più fortemente che poteva; in pratica non molto, date le sue condizioni. Era certa di non essersi espressa del tutto correttamente, ma era quasi impossibile che la sua ex nemica potesse capire il sith: poteva solo sperare di aver formulato frasi comprensibili.

    Edited by Balenuvola - 23/3/2024, 15:52
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    Ad Ashara risultò evidente che "Duine" non fosse rimasto minimamente impressionato dalle sue abilità, nonostante non riuscisse a capire come avrebbe potuto colpire meglio. La soddisfazione sparì velocemente dal volto della sith, lasciando il posto alla vergogna e a un po' di rabbia. Mostrò i denti in uno strano ghigno e sembrò reprimere un urlo di frustrazione, per poi esibirsi in un rispettoso inchino [sith] «Posso fare di meglio» assicurò, pur non essendone in realtà affatto sicura [sith] «Osservate...» si raddrizzò. Sembrava ormai aver riconosciuto la superiorità dell'altro.

    Espirò profondamente e si voltò verso il pezzo di carne appeso al soffitto, che ancora dondolava. La colse il pensiero che forse lei era solo l'ombra di un massassi, come Dostun era ormai solo l'ombra di una città e Qoritjor Qo solo l'ombra dell'antico impero sith. Non sapeva da dove venisse l'altro, ma le sue parole e il suo atteggiamento le facevano sperare fosse un luogo ben più degno delle leggende. Forse avrebbe potuto farne parte, un giorno. La voce profonda della sith divenne quasi un sussurro malinconico [sith] «Il pianeta da cui provengo è... in declino» ammise, per poi alzare elegantemente la lama davanti al viso [sith] «Le nostre spade sono peggiorate... da millenni ormai non possono più fermare i colpi di blaster... le spade di luce delle leggende le taglierebbero molto facilmente, come se fossero bastoni. Non sappiamo più fare, né costruire, né riparare... molte cose. I massassi meno degni sono costretti a combattere con mazze e con bastoni. Credo sia possibile che anche le nostre tecniche non siano più raffinate come quelle di un tempo» si impettì e abbassò la lama sul lato sinistro [sith] «Ma il nostro coraggio è lo stesso di quello dei sith delle leggende, forse anche maggiore. Combatto da quando ho potuto reggere un'arma» scosse il capo [sith] «Osservatemi fallire finché non sarò all'altezza... non mi farò fermare dalla vergogna: non sono debole, non sono una traditrice. I massassi perseverano» fece roteare la lama e si rimise in posizione: piede sinistro avanti e ginocchia piegate in modo da darle stabilità. Prese di nuovo la spada con entrambe le mani e la alzò in modo che l'impugnatura si trovasse poco dietro il suo capo e la punta della lama fosse rivolta verso il nerf, poi portò l'arma davanti a sé e mimò rapidamente una parata, per poi girarla di nuovo rapidamente verso il pezzo e affondarla ancora quasi fino all'elsa, forse con minore precisione rispetto a prima, a giudicare dal suono che il colpo aveva fatto, ma con più forza. Stavolta non si vantò, estrasse solo la lama e si sgranchì il collo [sith] «Posso fare di meglio» convinta, stavolta.
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    Ashara aggrottò leggermente la fronte: avrebbe voluto non fosse sottovalutato il suo valore come massassi, non la sua pericolosità mentre impugnava un'arma che sarebbe stata in grado di rendere praticamente chiunque altro l'avesse brandita su quella nave degno di nota. Non dovette pensare a lungo per trovare una risposta: [sith] «Non significa molto... quell'arma potrebbe mettere anche un bambino nelle condizioni di uccidere un guerriero troppo facilmente...» in tono basso. Dava l'impressione di non apprezzare molto i blaster: probabilmente li temeva. Sorrise, però, perché il fatto che l'altro fosse finalmente passato a darle del voi le aveva fatto piacere [sith] «D'altra parte, se mi aveste sottovalutata del tutto, avreste forse già tentato di uccidermi... o avreste preteso di avere la mia spada» più rilassata. I prigionieri non potevano portare armi. Alzò un poco il mento e seguì orgogliosamente il chiss sotto mentite spoglie fino alla stiva.

    Ashara guardò Thanen e poi il grosso quarto di animale appeso al soffitto. Serrò le labbra, colma di disappunto per il fatto che l'altro fosse tornato a darle del tu. Che avesse risposto nel modo sbagliato? Che avesse fallito un qualche test? Forse. Cominciava ad avere la certezza che l'altro fosse più intelligente di lei e che la stesse solo sottoponendo a una serie di prove, come facevano sempre i kissai di Dostun. Le intenzioni dei kissai erano generalmente difficili da comprendere prima che fosse troppo tardi, ma credeva di avere imparato come farsi apprezzare da loro e, pur non potendo ancora dire se "Duine" fosse un kissai o uno zuguruk, decise che in ogni caso non doveva essere molto diverso da un kissai. Altre domande dirette l'avrebbero solo fatta sembrare stupida: a un kissai non avrebbe potuto che obbedire, almeno finché non si fosse trovata in chiaro vantaggio. Si impettì [sith] «Mi guadagnerò il vostro rispetto superando la prova» promise. Si era dipinta in volto un'espressione solenne che accompagnava bene la sua voce piuttosto profonda. Lasciò cadere a terra il mantello e sguainò la propria spada decorata, rivelando così una lunga e scintillante lama dritta a doppio filo, molto ben tenuta. Soppesò brevemente l'arma nella sinistra, gli occhi gialli che brillavano di orgoglio, per poi assumere una delle posizioni di combattimento che le era stata insegnata: piede sinistro davanti al destro e ginocchia leggermente piegate. Prese l'arma con entrambe le mani ed eseguì la finta più tecnica che conoscesse solo per mostrare la propria bravura al kissai - o allo zuguruk - prima di piegare i gomiti e alzare l'impugnatura di fianco alla propria testa, roteando la lama precisamente e rapidamente e puntando al centro di massa del pezzo di nerf mentre si lanciava in avanti. La lama passò l'indifesa carcassa da parte a parte, come fosse di burro. Ashara estrasse l'arma dal suo "nemico" e si raddrizzò. Pulì il metallo con un'estremità di una manica della tuta che si era legata in vita, elegantemente, per poi voltarsi verso Thanen, in attesa. Aveva un'espressione soddisfatta.
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    Dal canto suo, la sith non provava alcun imbarazzo, ma essendosi la situazione evoluta molto diversamente da come aveva previsto e in modo da rendere la sua esperienza quasi del tutto inutile, stava cominciando ad avere più di qualche problema a controllare la rabbia. Si fece prendere dall'odio per la barbara contro la quale stava combattendo; dall'odio per la stanza; per l'edificio; per la città; per il pianeta e anche per l'hutt che l'aveva assunta. Odiava però di gran lunga più di ogni altra cosa il cacciatore di taglie appostato nell'edificio vicino, che si stava rivelando con sempre più evidenza un completo imbecille. Cosa stava aspettando a sparare?

    Notò che la sua nemica sembrava molto più tranquilla di lei, cosa che la fece arrabbiare ancora di più. Cercava di liberarsi con colpi di reni improvvisi e aveva iniziato ad agitare le gambe, cercando di usarle per spingere la quarren di lato, ma quest'ultima le schiacciò il fucile contro la gola, cosa che le permise sì di muovere un po' più liberamente le braccia, ma le fece anche mancare improvvisamente il respiro. Sgranò gli occhi gialli e iniziò a rantolare, invece che ringhiare, mentre il braccio destro andava a tentare di aiutare le gambe, riuscendo però soltanto a procurarle nuove fitte di dolore, e il sinistro si allungava per trovare finalmente lo spazio necessario per calare davvero e definitivamente la spada sulla propria nemica. La presa in giro dell'altra la stupì molto. Strinse i denti «Devono stare... i pesci... in silenzio...» ribatté un po' pateticamente, con voce soffocata e viziata da uno strano accento. Il viso aveva cominciato a diventarle di un rosso più scuro. Attaccò proprio nel momento in cui la quarren balzò contro il muro, mancandola, e, non appena se ne rese conto, si alzò di scatto a sua volta, per poi sussultare al suono del colpo di fucile e sbirciare il computer. Perché la nemica aveva sparato al computer e non a lei? Non la considerava degna? Serrò le labbra e ringhiò. Aveva sbagliato tutto, ma poteva ancora scagliarsi verso l'altra e infilzarla, o morire nel tentativo. Ora era imbarazzata, oltre che arrabbiata e dolorante.

    Si avventò su Doris con la spada puntata verso di lei, ma finì così per intercettare il colpo che da qualche secondo il cacciatore di taglie appostato nell'edificio vicino stava riservando alla quarren, che la colpì alla spalla sinistra. Le cadde la spada di mano e evitò per un soffio di inciampare rovinosamente, ma solo per finire in ginocchio, come se avesse perso tutte le proprie forze «Vinci tu... pesce...» rantolò, gli occhi sbarrati e anche vagamente terrorizzati, su un viso ormai più rosa che rosso «Sono debole. Indegna. Finisci me... poi uccidi quello con fucile...» la voce era colma di rammarico. Si era un poco raddrizzata, ma la gamba destra decise di smettere di sorreggerla e quindi finì per cadere del tutto a terra. Sbatté la testa contro il pavimento. La ferita sulla spalla emetteva un lieve filo di fumo, ma la sith non era ancora morta, perché mormorò un altro «Uccidi» se doveva morire, tanto valeva fosse la barbara a finirla. Il dolore stava diventando troppo forte da sopportare e la quarren si era battuta bene... era sicura che sarebbe riuscita a vendicarla, anche se involontariamente.
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    Accolse la risposta di Thanen con un'espressione neutra, perché non conosceva affatto le razze e le culture che l'altro aveva nominato. Concluse che nella galassia dovevano esistere alcune tribù di guerrieri kaleesh - almeno una delle quali usava portare strane maschere sul volto - e anche una razza di umanoidi con occhi rossi chiamati chiss. Era quasi sicura di non aver mai visto nessun kaleesh e nessun chiss [sith] «Una risposta accurata» osservò, per poi aggrottare la fronte [sith] «"Duine" deve dunque essere un nome chiss...» dedusse. Pronunciava ogni volta malissimo quel nome che, per lei, era del tutto alieno. Dopo essersi concessa una piccola pausa per riflettere, espirò profondamente [sith] «Avete un travestimento molto complesso, molto ben preparato... e attrezzatura costosa... ma pretendete che io mostri il mio vero volto a tutti e continui questa impresa senza armi da fuoco. Io penso che significhi che mi considerate senza valore e che mi sacrificherete ai vostri scopi, qualunque essi siano, non appena lo riterrete vantaggioso. Non sottovalutatemi solo perché al momento mi conviene obbedirvi» sincera.

    Vedere il volto di Vosko non sarebbe servito all'altro, a quanto diceva, ma per quale ragione? Era stato solo un moto di orgoglio a portare Duine a rifiutare o semplicemente conosceva già l'aspetto del banchiere? Ashara avrebbe tanto voluto poterlo capire [sith] «La vostra preparazione è notevole» disse [sith] «Mi chiedo come e perché» aveva assunto un tono freddo.

    Si arrabbiò ancora, visibilmente, quando venne corretta al rendez-vous [sith] «Almeno tre, questo ho detto... non ho mai escluso che potessero essere anche quattro o più» puntualizzò. Arricciò le labbra, per poi abbassare di pochissimo la voce [sith] «Non abbiamo un aspetto comune... almeno io, forse voi sì... quindi non significa necessariamente che abbiamo suscitato veri sospetti, solo che è più facile che questo accada» ascoltò le spiegazioni dell'altro e alzò le sopracciglia, evidentemente sorpresa [sith] «Sapete tutto questo?» si mise a pensare per qualche istante [sith] «Capisco» seguì il chiss travestito da chiss e strinse i pugni [sith] «La mia abilità con la spada vi sorprenderà!» assicurò, orgogliosa. Nonostante non capisse quali potessero essere gli scopi di Thanen, le capacità che le stava mostrando la stavano sempre più convincendo che ribellarsi al suo volere non sarebbe stato saggio. Non erano più solamente la curiosità per le informazioni che pensava l'altro avesse e la paura di perdere la propria nave o addirittura la sua stessa vita in combattimento a frenarla, ma anche la convinzione sempre più forte che quello sconosciuto sarebbe stato prezioso per il futuro dei sith [sith] «La forza ci ha fatti incontrare per un motivo, non può essere stata soltanto una coincidenza. Sono certa che saremo entrambi importanti per i sith... considerate questo mio pensiero...» disse.

    Edited by Balenuvola - 18/2/2024, 00:13
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    Il dolore si allungò rapidamente lungo il braccio destro di Ashara, fino al gomito, facendosi intanto più intenso, ma la sith, grazie all'agitazione che aveva in corpo, poteva ancora muovere decentemente l'arto - o, almeno, voleva credere di poterlo fare. La sua agitazione era naturalmente lo stesso misto di rabbia e paura che aveva provato in ogni battaglia che avesse combattuto; una reazione unicamente determinata dall'identificazione di un nemico mortale presente e che innescava ormai infallibilmente in lei istinti acquisiti adatti a combattimenti con armi bianche in un deserto e quasi a nessun'altra situazione, anche se tutti gli scontri in cui si era ritrovata da quando aveva lasciato il proprio pianeta natale erano stati caratterizzati da armi moderne e si erano svolti in luoghi per lei estremamente strani. La lotta in cui si era cacciata in quel momento non faceva eccezione e proprio per questo la guerriera si era trovata da subito in difficoltà. Sapeva da prima di fare irruzione in quella camera che si sarebbe trovata contro un nemico armato di fucile e si era quindi automaticamente convinta che non avrebbe potuto concedersi alcuna esitazione nel ridurre la distanza che la separava dal suo bersaglio o avrebbe altrimenti perso ogni speranza di vittoria molto rapidamente. Dato che la decisione è la virtù più importante di ogni buon spadaccino, tossicchiando per la polvere e con gli occhi gialli irritati e pieni di lacrime, Ashara cercò subito di spostare la pistola verso la quarren e di avvicinarsi nel mentre a lei con la spada pronta a trafiggerla, non appena la vide balzare fuori dal suo nascondiglio, ma il fucile di Doris le colpì la mano destra prima che potesse sparare una terza volta, costringendola a muovere il gomito dolorante come non si sarebbe aspettata di dover fare. Lanciò un feroce urlo "di battaglia" e lasciò cadere a terra la pistola, mentre la sinistra abbassava momentaneamente e involontariamente la spada del poco che bastava perché Doris non si infilzasse contro di essa ma gliela premesse invece contro, rendendola del tutto innocua. In quella situazione, ogni massassi degno di appartenere alla sua casta avrebbe cercato di indietreggiare per poter ristabilire la giusta distanza con il proprio nemico e così Ashara indietreggiò, ma in quella camera che non conosceva affatto, trovò immediatamente dietro di sé il letto - e si sarebbe fermata senza caderci sopra, se solo la quarren avesse smesso di spingerla. Così non fu. Cadde sul letto con il fucile dell'altra premuto contro il petto e a braccia aperte, per evitare che la spada potesse rimanere intrappolata tra lei e quella decadente barbara vagamente umanoide che si stava inaspettatamente difendendo fin troppo bene. Emise un altro urlo, perché aveva deciso di usare il braccio ferito per tentare di abbracciare Doris e premerla contro di sé, mentre cercava disperatamente di tagliarle la schiena con la spada che teneva nella sinistra - ma non poté trovare un angolo d'attacco efficace, dal momento che aveva il lunghissimo fucile dell'altra premuto contro entrambe le spalle. Intanto, il cappuccio le era scivolato un poco indietro e il lembo di mantello che le nascondeva il volto si era slacciato, mostrando il viso dall'incarnato scarlatto, contratto in una smorfia di dolore, della guerriera, reso strano da una serie di tre lunghe protuberanze ossee, la più definita delle quali iniziava sopra le altre due, nel punto in cui gli altri umanoidi generalmente avevano gli zigomi, e continuava oltre il bordo esterno degli occhi di un giallo brillante fino alla base delle orecchie, le cui punte erano ancora nascoste dal cappuccio. I denti erano di un sano color giallo, i canini particolarmente appuntiti. Sbuffava e ringhiava, poco educatamente.

    Edited by Balenuvola - 16/2/2024, 02:02
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    L'unica reazione che era riuscita ad opporre a quello spigolosissimo "no" di Duine era stata una piccola smorfia di esasperazione. Passò qualche manciata di secondi a immaginare varie altre risposte, meno innocue e tuttavia non tutte violente, che avrebbe potuto dare al suo nuovo e irrispettoso "alleato" mentre attendeva che uscisse di nuovo dalla sua cabina, ma il fatto di non aver avuto la battuta - o la mano - pronta smise di darle fastidio nel momento stesso in cui si accorse che il chiss sotto mentite spoglie aveva gli occhi rossi; preoccupazione che in un attimo rimpiazzò quasi tutte le altre.

    La risposta di Duine la colpì per quanto fosse ovvia e la sith, ingannata dalla statura adeguata dell'altro e dal modo perfetto in cui parlava la sua lingua, non poté che accettarla. Inoltre, voleva inconsciamente che quel maschio fosse un suo simile, perché aveva altrettanto inconsciamente accettato di aver perso e la sua psiche avrebbe potuto incassare molto meglio una sconfitta che non le fosse stata inflitta da un barbaro. L'eccessiva cura nel travestirsi dell'altro non la stupì affatto perché, avendo i mezzi, avrebbe probabilmente cambiato il colore dei propri occhi anche lei [sith] «Eccellente travestimento...» complimentò il chiss, un po' in imbarazzo per avergli fatto una domanda che ormai riteneva idiota [sith] «Volevo metterlo alla prova, tuttavia. Se vi chiedessero cosa siete, cosa rispondereste?» la premessa era una menzogna: stava solo cercando disperatamente di evitare che l'altro la considerasse una sciocca e, in più, non le veniva in mente nessuna razza di barbari umanoidi che avesse gli occhi rossi. La vergogna aveva reso il tono della guerriera meno gelido [sith] «Vi sono leggende che raccontano di antichi signori oscuri la cui potenza interiore era tanto grande da dare permanentemente ai loro occhi il colore delle fiamme... ma voi non potete certo raccontare questo...» aveva anche iniziato a scherzare... quasi.

    Uscì dall'ascensore e si guardò intorno. Il profumo le sembrò strano e arricciò il naso. Posò lo sguardo giallo vivo sull'altro e serrò le labbra [sith] «Come volete... ma non avete chiesto che muso ha il ladro: un grave errore...» fece notare, tentando ancora di affermarsi per quanto possibile [sith] «A meno che voi non sappiate già riconoscerlo» volle così premunirsi da altre potenziali figuracce.

    Si allontanò dall'altro e, entrata nella sala da pranzo, si diresse a un terminale. Dedicò un ghigno involontariamente malvagio, irto di denti aguzzi, al passeggero che stava per usarlo «Manutenzione. Prego» l'accento della massassi era terribile. Posò a terra davanti a sé la spada avvolta nel mantello, con fare rispettoso, quindi si raddrizzò e iniziò a digitare comandi a caso sullo schermo con l'indice sinistro. Sbirciava verso i passeggeri, ogni tanto. Notò un gruppo di tre alieni, vestiti tutti allo stesso modo, che, facendo il nome di Vosko, ritirarono un'ordinazione da portare via al bancone vicino. Impallidì leggermente e raccolse la propria arma, per poi guardare il passeggero rimasto in attesa «Tutto riparato» bofonchiò. Tornò al punto prefissato e vi trovò il falso sith [sith] «Il committente mi ha mentito: Vosko ha almeno tre guardie a proteggerlo...» lo informò, cercando di mantenere un certo contegno, pur essendo di nuovo furibonda, oltre che imbarazzata.

    Edited by Balenuvola - 6/2/2024, 01:34
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    Ad Ashara sarebbe probabilmente piaciuto potersi accorgere del fastidio che aveva suscitato in Thanen - dato che in fondo gli aveva risposto a quel modo soltanto per potersi prendere una minuscola rivincita - ma non ne ebbe modo, perché il chiss sotto mentite spoglie si limitò a controbattere con un ordine asciutto, senza commenti superflui. La massassi vide la reazione dell'altro come un'insopportabile, se pure tipicamente sith, manifestazione di superiorità. Evidentemente contrariata, irrigidì la schiena [sith] «Non posso riconoscervi alcuna autorità su di me, "Duine", non avendo ancora avuto alcuna prova della vostra superiorità... il vostro arsenale è certamente superiore, ma questo non è sufficiente. Il fondamento della nostra alleanza temporanea, al momento, è il mio interesse nelle informazioni in vostro possesso... e suppongo che voi abbiate ragioni simili alle mie per fare quello che state facendo. Non ingannatevi, quindi, non vi sto seguendo perché vi temo» disse, adattando il proprio tono a quello che l'altro aveva appena usato con lei. Non era del tutto vero che non temesse il maschio, ma non era neanche falso; più che altro, si rendeva conto di non avere l'equipaggiamento necessario per sconfiggerlo - e nessun modo di recuperare la sua nave, se anche ci fosse riuscita. Esitò qualche altro istante prima di estrarre il suo piccolo palmare economico, che aveva comprato solo da qualche giorno standard ma che era già praticamente riuscita a distruggere involontariamente [sith] «Terrò io in mano il dispositivo, così il suo archivio manterrà certamente segreto ciò che deve...» sibilò. Avrebbe obbedito a quello che sospettava essere uno zuguruk significativamente meglio armato di lei, per il momento, ma solo alle proprie condizioni.

    Teneva il palmare in modo un po' strano, tra le punte delle dita della destra e perfettamente perpendicolare al pavimento, quasi come se avesse paura che i colori che vedeva nello schermo avrebbero altrimenti potuto colare per terra o comunque spostarsi da una parte all'altra di esso sotto l'influenza della gravità artificiale. Fessurò gli occhi, dopo essersi messa la spada sottobraccio, e prese a digitare comandi sul display, attraversato da visibili crepe, con l'indice sinistro, naturalmente corazzato d'osso, teso. Faticando a far accettare il proprio volere al dispositivo, tendeva a colpire troppo forte lo schermo con le unghie. Aveva un'aria estremamente concentrata. Fece numerosi errori, prima di trovare ciò che le era stato chiesto e mostrarlo a Thanen [sith] «Osservate...» il tono tradì un certo orgoglio - aveva trovato e aperto il file giusto in un lasso di tempo che avrebbe potuto apparire accettabile [sith] «Facendo in fretta, la mia idea avrebbe funzionato...» assicurò.

    Ricevette un altro ordine, poi l'altro le chiuse la porta in faccia. Restò impalata qualche attimo, gli occhi spalancati, per poi guardarsi intorno, furente. Quello sconosciuto aveva la sua nave e la sua pistola e quindi non poteva andarsene, altrimenti lo avrebbe fatto... anche senza informazioni! Sbirciò i rumorosi cuccioli di barbari che, rincorrendosi, si stavano avvicinando pericolosamente a lei. Forse se avesse fatto un'espressione abbastanza schifata avrebbero capito che dovevano stare a rispettosa distanza dalla sua persona? Alzò il mento e si dipinse in volto un'espressione di assoluto disdegno, per sicurezza, ma nessuno dei bambini sembrò notare minimamente la cosa.

    Trasalì, quando Thanen uscì dalla sua stanza e poté finalmente notare i suoi occhi rossi. Era tanto sgomenta che quasi dimenticò quanto il comportamento dell'altro l'avesse maldisposta poco prima. Riuscì a parlare solo in ritardo [sith] «I tuoi occhi! Occhi rossi, hai... occhi rossi...» sussurrò, evidentemente confusa [sith] «Cosa sei?» chiese, in tono innegabilmente accusatorio. Seguiva ancora Thanen, per il momento, ma con estrema incertezza. Tutti i sith avevano sempre avuto occhi gialli, che lei sapesse, certo anche gli zuguruk... sebbene si fossero estinti da molti secoli sul suo pianeta natale e non potesse quindi averne l'assoluta certezza.

    Edited by Balenuvola - 3/2/2024, 19:28
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